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I capi della sinistra e le loro “radici”: i leader non nascono mai dal nulla
Il più consistente partito dello schieramento progressista, il Pd, si è dato un percorso di rinnovamento della leadership e della propria identità che in certi momenti è parso tortuoso e al tempo stesso verticistico: il futuro soggetto e la sua Carta dei valori sono stati predeterminati dagli organismi dirigenti del “vecchio” Pd. Un rinnovamento pilotato dall’alto e dai notabili delle correnti che però culminerà in un momento altamente democratico: le Primarie. Un bagno di popolo che oramai da anni, e nonostante tanti detrattori, consente di accorciare quella distanza tra la “base” e i partiti, sempre più autoreferenziali. Un’ investitura che finisce per attribuire ai leader una notevole incidenza.
Il Pd si darà il segretario che sceglieranno i propri elettori più motivati e va da sé che quella scelta sarà la migliore. Perché la più democratica. In attesa che gli elettori si pronuncino, siano consentite – da sinistra – alcune riflessioni. In queste ultime settimane tutto intero lo schieramento progressista è stato preso in contropiede dall’ascesa alla guida del Paese di una leader donna. Ma non è soltanto una questione di genere. Giorgia Meloni è una donna cresciuta in un quartiere popolare di Roma (non una borgata, sia detto a chi fa retorica su questo) ed è arrivata a palazzo Chigi, dopo il cursus honorum tipico dei vecchi partiti.
Ecco, un partito come il Pd, che ha in parte smarrito la mission delle origini, può trascurare questi pre-requisiti? La storia della sinistra italiana, parliamo della migliore sinistra italiana, ci dice che i veri leader non nascono mai dal nulla. O in modo improvvisato. Pietro Nenni e Giuseppe Di Vittorio erano figli del popolo e quelle radici hanno influenzato non poco la loro attività politica, la loro visione delle cose e della vita. Certo, assai spesso il Pci, il Psi e la Cgil sono stati guidati da leader non di estrazione popolare, ma le loro politiche sono state orientate sempre dallo stesso faro: l’emancipazione delle classi popolari.
E comunque i leader carismatici della sinistra italiana – Togliatti e Berlinguer, Nenni e Craxi, Di Vittorio e Lama – hanno potuto prendere la guida delle proprie organizzazioni dopo una lunga militanza. A sinistra le fonti di legittimità sono state sempre queste. Sociali e politiche.Ecco perché risulta spiazzante l’assoluta indifferenza nella discussione pubblica circa l’identità di alcuni candidati alla leadership. E’ un segno dei tempi che sia plausibile per un partito “imborghesito” e in crisi di identità e senza orgoglio come il Pd, affidarsi a personalità rimaste sempre a rispettosa distanza dalla formazione che intendono guidare. Gli arbitri, naturalmente, sono gli elettori delle Primarie e ben venga il loro verdetto, ma a tutti vale la pena ricordare un precedente. Si è sempre sottolineato come Enrico Berlinguer fu cooptato giovanissimo nel Comitato centrale del Pci. In effetti, nel 1945, aveva 23 anni ma ne trascorsero 27 prima che diventasse segretario del Pci.
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