La povertà è ereditaria. Non è stata abolita, anzi. Il rapporto Caritas 2022 presentato lo scorso 17 ottobre, giornata mondiale di lotta all’indigenza, ci consegna una riflessione drammatica: non esiste una sola povertà. Ce ne sono tante e con un grande anello debole: i giovani, che di padre in figlio hanno ereditato una povertà per cui servono almeno cinque generazioni, a una persona che nasce in una famiglia povera, per raggiungere un livello medio di reddito. E poi c’è la povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario.

Il Rapporto “su povertà ed esclusione sociale”, insomma, parla chiaro: nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini. Un rapporto che fa il paio con il report dell’Istat che dice che “la popolazione a rischio di povertá o esclusione sociale è pari al 25,4%, cioè 15 milioni di persone. Un esercito invisibile, dove si oscilla nella sopravvivenza, che vive in una condizione di deprivazione la cui tendenza va nella direzione irreversibile della cronicità. Se pensiamo che, nella miseria che morde, la priorità è diventata il cibo, il diritto alle cure e alla salute sembra essere diventato quasi un lusso, per quel pezzo di Italia che non ce la fa. In un contesto in cui, tra l’altro, i consumi che crollano, i tagli drastici al carrello della spesa, l’inflazione che galoppa e le imprese che chiudono per i costi insostenibili dell’energia rischiano di aggravare l’instabilità della recessione che appesantirà i suoi effetti nei prossimi mesi, con il serio pericolo di provocare tensioni sociali. Con un mostro sullo sfondo, che si aggira tra i carrelli della spesa e le pompe di benzina: la speculazione.

Numeri che il nuovo governo dovrebbe prendere in considerazione, insieme ai dati che, freddi come sono, nascondono invece l’altra faccia della medaglia: milioni di vite in bilico. Chi si occuperà, dunque, di quei poveri che il solo movimento socialista delle origini riconosceva come titolari dei diritti da difendere e delle battaglie da condurre? Chi si volterà dall’altra parte di fronte all’umiliazione di mettersi in coda, nei centri Caritas, per chiedere conforto nella fame che morde? Quell’esercito invisibile alla politica e spesso dimenticato dalla società esiste e bisogna occuparsene, con urgenza. Niente retorica, per carità. Ma il bisogno, quello afono, può trasformarsi in rassegnazione. E potrebbe spegnersi senza neppure fare rumore. Non è questa l’Italia che vogliamo.