«A due settimane ormai dal termine del suo mandato di Giudice e poi di Presidente della Corte Costituzionale, Giorgio Lattanzi in una splendida intervista al Corriere della Sera ha reso ben chiaro -a chi voglia intenderlo- il valore irrinunciabile ed anzi salvifico del patto sociale fondativo della nostra democrazia costituzionale», lo scrive l‘Unione delle Camere penali rendendo omaggio al Presidente uscente della Consulta. «I valori costituzionali vanno condivisi ed applicati, non omaggiati come un vuoto atto d’obbligo: questo è il preoccupato monito del Presidente Lattanzi, il quale non a caso si sofferma a lungo sulle reazioni alla recente sentenza sull’ergastolo ostativo, denunciando senza mezzi termini la “falsità” delle conseguenze allarmistiche per la sicurezza sociale da più parti attribuite ad una decisione peraltro ancora non conosciuta nelle sue motivazioni», affermano i penalisti.

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«L’Unione delle Camere Penali ha dal primo momento denunziato l’inaudita gravità di quegli attacchi rozzi e sconsiderati ad una sentenza che ha semplicemente rimesso in linea la legge ordinaria con il principio di finalità rieducativa della pena sancito nell’art. 27 della Costituzione», proseguono, «Dal surreale giudizio di “stravaganza” formulato dal frastornato segretario di un partito al governo del Paese, alla immediata ricerca di possibili iniziative di contrasto annunziate dal Ministro di Giustizia, fino all’inaudito invito da parte di magistrati della Repubblica, perfino componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, perché il legislatore intervenisse a porre rimedio agli effetti preconizzati come catastrofici di quella decisione, lo spettacolo andato in scena a seguito della sentenza sull’ergastolo ostativo ha rappresentato la fotografia desolante ed anzi allarmante dell’analfabetismo costituzionale di una intera classe dirigente del Paese»,

«Il richiamo forte, appassionato e ad un tempo allarmato del Presidente Lattanzi al “patriottismo costituzionale”, cioè alla necessità di operare nella vita pubblica e nei comportamenti privati in nome di una reale, consapevole e non retorica condivisione dei principi fondativi del nostro patto sociale, rappresenta il formidabile testimone che una politica sempre più immiserita e pavida farebbe bene a raccogliere, ove mai ambisse a dare un segno di reazione e di riscatto dalla ammorbante rozzezza dell’imperante populismo giustizialista. I penalisti italiani, che sono sempre stati e continueranno ad essere i “patrioti costituzionali” di cui questo Paese ha vitale necessità, rendono omaggio al magistero di un Presidente della Consulta che, giungendo perfino a portare i giudici della sua Corte a toccare con mano la dura realtà delle carceri italiane, ha saputo dire, non a parole ma per fatti concludenti, che la Costituzione è ancora viva, e rappresenta la guida cui affidare il Paese con fiducia e coraggio», concludono i penalisti.

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