Negli ultimi anni è avvenuta una significativa modernizzazione del nostro Paese sotto il profilo della sua specializzazione produttiva internazionale. E i risultati di questo processo appaiono di enorme rilievo. Nei primi nove mesi del 2023 l’Italia ha addirittura sorpassato la Corea del Sud per valore dell’export di merci, posizionandosi al sesto posto al mondo e, con 505 miliardi di dollari, il nostro Paese ha quasi raggiunto il Giappone, che è al quinto posto, a quota 530 miliardi. Un bel traguardo per l’Italia che solo qualche anno fa guardava al Paese del Sol Levante come al modello della “qualità totale” e del “just in time”. Ora la “qualità totale” e il “just in time” li fanno le imprese del “made in Italy”.

Nel settore manifatturiero l’Italia ha guidato la rivoluzione del design nell’arredo e nei prodotti della casa; ha conquistato quote di mercato significative nella moda e nel lusso; si è rafforzata in decine di prodotti a media e alta tecnologia nella meccanica, nei mezzi di trasporto e nella farmaceutica. Ormai siamo i primi esportatori mondiali di navi da crociera e di yachts, di macchine per imballaggio e di macchine utensili a deformazione per i metalli, mentre nell’ultimo anno l’export farmaceutico italiano, giunto a 51 miliardi di dollari, è stato quello cresciuto di più (+39% in valore sul 2021) tra i Paesi del G20.

Ma anche l’agricoltura si è profondamente rinnovata; è cresciuta ed ha saputo valorizzare in particolar modo le produzioni vegetali di più alto pregio, nonché gli allevamenti, il che ha permesso all’Italia di diventare stabilmente, assieme alla Francia, a seconda degli anni, delle condizioni meteorologiche e dei raccolti, il primo Paese agricolo del Vecchio continente per valore aggiunto. Infatti, nel periodo 2013-2020, l’Italia ha sempre ricoperto la leadership di settore a livello dell’Unione Europea davanti alla rivale Francia, mentre i nostri cugini d’Oltralpe ci hanno superato per valore aggiunto agricolo nel 2021 e 2022, anche a causa di condizioni climatiche sfavorevoli in molte nostre aree agricole.
I notevoli successi conseguiti dall’agricoltura italiana sono emersi con grande evidenza in occasione dell’Assemblea invernale di Confagricoltura tenutasi a Roma il 12 dicembre, con la presenza straordinaria del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha anche tenuto un lungo intervento, annoverabile a nostro giudizio tra i più importanti discorsi su temi economici del suo doppio mandato. Un’assemblea che ha visto come relatori anche i vicepresidenti del consiglio Tajani e Salvini, il ministro dell’agricoltura Lollobrigida, mentre la premier Meloni e il ministro delle imprese e del made in Italy Urso sono intervenuti via video. Nel corso dei lavori è stato proiettato in anteprima anche il mini-film realizzato dalla Fondazione Edison per Confagricoltura “Campi & Campioni. L’agricoltura italiana tra tradizione e innovazione”.

Il Presidente Mattarella ha sottolineato innanzitutto le difficili condizioni di partenza dell’agricoltura italiana e della condizione alimentare del nostro Paese dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando nel gennaio del 1947 il Capo dello Stato provvisorio, Enrico De Nicola – accompagnando a Ciampino il Presidente del Consiglio, De Gasperi, in partenza per Washington – alla scaletta dell’aereo gli raccomandava di chiedere agli americani di aumentare la razione di pane “perché – testualmente – con duecento grammi giornalieri, i giovani non ce la fanno più”. E ancora Mattarella ha ricordato: il 3 aprile 1946 – l’anno precedente a quella missione di De Gasperi – il delegato italiano alla Conferenza internazionale di Londra sugli alimenti aveva avvertito che l’Italia “avrà grano per sole altre tre settimane”. Il giorno dopo Pio XII – rivolgendo a tutto il mondo un radiomessaggio per chiedere aiuti all’Italia – chiudeva l’appello con le parole di impronta biblica “i pargoli domandavano pane e non era chi loro lo desse”.

Il Presidente della Repubblica non ha poi mancato di rilevare l’importanza data dalla Costituzione italiana all’agricoltura come motore di crescita e di sviluppo sociale, negli articoli 44, 47 e nella nuova formulazione dell’articolo 9, per ciò che riguarda la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. E ha affermato: con la Carta – grande progetto di trasformazione – e con la scelta europea, abbiamo contribuito a cambiare il destino di un ambito fondamentale della società. L’agricoltura, da problema, da elemento di arretratezza, è divenuta sinonimo di opportunità e di benessere. Più – e meglio – di altri comparti economici, ha saputo disseminare modernità, uscendo da un’attività di mera sussistenza, di autoconsumo autarchico, per creare valore, divenendo vettore di internazionalizzazione dell’economia.
Mattarella ha citato Paolo Grossi, insigne studioso del diritto medievale e moderno – qualche anno addietro Presidente della Corte costituzionale, secondo cui: “il territorio può avere impresso in sé indelebilmente la vicenda di un popolo, di un costume, di una storia”, arrivando ad affermare che “il suo prodotto tipico può costituire ben altro che un banale dato agro-alimentare”. Aggiungo – ha detto Mattarella – un dato con preziosi elementi di civiltà. Se l’Italia è il Paese delle cento città, nasce dalle mille campagne.

Il Presidente della Repubblica ha poi ricordato l’importanza delle riforme agrarie, della progressiva modernizzazione colturale e tecnologica del settore agricolo italiano, della valorizzazione in chiave europea delle nostre produzioni nelle denominazioni di “indicazione geografica protetta”, di “denominazione origine protetta”, di “specialità tradizionale garantita”. E ha colto l’occasione di questa assemblea per esprimere la riconoscenza della Repubblica al mondo dell’agricoltura che, durante la crisi della pandemia, non ha mai cessato, neppure per un istante, di nutrire il Paese. Gli agricoltori, al pari di altre categorie benemerite, hanno consentito a un Paese ferito di rialzarsi e riprendere il suo percorso.
Infine, nel commentare gli straordinari progressi compiuti dal settore agricolo italiano e i numeri record in termini di creazione di ricchezza e occupazione citati dal Presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti nella sua relazione di apertura, Mattarella li ha così sintetizzati con una semplice ed efficace battuta: Agricoltura, “questa sconosciuta” potremmo dire.

Sì, una vera “sconosciuta”, se pensiamo, come ha elencato Giansanti nel suo intervento, che ben pochi sanno che il settore agricolo e l’industria alimentare di trasformazione a valle formano insieme una filiera integrata con un valore della produzione di 205 miliardi di euro (2019), un valore aggiunto di 65 miliardi (2021) e 1 milione e 400mila occupati (di cui 925 mila nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e 483 mila nell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, sempre nel 2021), che ne fanno il primo settore produttore di beni dell’economia italiana. Una agricoltura italiana davvero “sconosciuta” se si considera che si è conquistata il primo posto in Europa come produttore di beni agricoli o di prima trasformazione legati alla cosiddetta “dieta mediterranea” (ortofrutta, vino, olio, grano duro e riso con 32 miliardi di euro prodotti nel 2022), che è la prima produttrice mondiale in quantità di carciofi e finocchi e la prima produttrice nell’Unione Europea di pomodori, melanzane, broccoli e cime di rapa, endivie, uva da vino e da tavola, pere, albicocche, pesche e nettarine, kiwi, meloni e la seconda produttrice di lattughe e cicorie, zucchine, asparagi, sedano, mele da tavola, ciliegie, fichi, angurie. Pomodori, carciofi, finocchi, melanzane, zucchine, broccoli e cime di rapa rappresentano il quintetto di punta del primato europeo dell’Italia nella produzione di ortaggi.

Una agricoltura e una industria di trasformazione a valle che permettono all’Italia di essere il primo produttore europeo di formaggi duri (di cui 4 milioni di forme di Parmigiano Reggiano e 5,2 milioni di forme di Grana Padano nel 2022) e il primo esportatore mondiale di formaggi erborinati (con il Gorgonzola), nonché il primo esportatore mondiale in quantità e il secondo in valore per vini e spumanti, il primo esportatore mondiale in valore per pomodori conservati e paste alimentari, prosciutti crudi e salumi, bresaole, aceti, vermouth.
Una agricoltura, quella Italiana, prima nel G20 per quota di estensione coltivata ad agricoltura biologica. E che può dire molto anche nella transizione energetica e in campo ambientale con il fotovoltaico, il biometano e l’eolico. Mentre l’export agro-alimentare italiano, pari nel 2012 a 34 miliardi di euro, negli ultimi dieci anni è quasi raddoppiato, superando nel 2022 i 60 miliardi di euro.