La 50esima giornata mondiale del popolo rom
I rom chiedono solo una cosa: il vento per scavalcare i muri dell’egoismo

La spinta genetica al movimento, il fuoco che arde l’anima, perenne: i nomadi vogliono un mondo senza confini in cui scorrazzare infinitamente, più si spostano e più realizzano il loro fine. Farli fermare non ha mai avuto un successo totale, come se al fuoco si levasse la fiamma o al vento il soffio. Non gli serve uno Stato, hanno bisogno di una Nazione mondo, un’Istituzione immaginaria fatta del vento che veste i sogni, confidano nel vento per questo non temono la morte, il vento lo amano pure se è lo Scirocco secco, colmo di spine del deserto, se è il Libeccio che scarica cascate di nuvole sopra marce senza riparo. Per loro è il vento che ricarica le vite, non le spegne mai, le sposta soltanto: chi si affida al vento non muore mai, vive più vite, in mondi diversi; vive di battiti d’ali che sollevano da terra e viaggiano a pelo di strada.
L’8 aprile il popolo del vento festeggia, celebra in tutto il mondo il “Romano Dives”, la Giornata internazionale dei rom, sinti e caminanti, nata in onore del primo congresso mondiale del popolo rom di Londra nel 1971. Fu in quella data che si scelse il nome ‘Rom’ per indicare la nazione romanì, che comprende i popoli Manouches, Kalderash, Lovara, Romanìchéls, Vlax, Domari, Nawar, Làutari. E fu in quella data che si costituì la Romani Union, che alzò al cielo una propria bandiera: ruota rossa in campo azzurro e verde. Man mano che il drappo saliva i gitani intonavano Gelem Gelem, l’inno composto da Yarko Yovanovich; le parole uscivano dalle bocche, e dagli occhi straripavano le lacrime. Porajmos, i Rom, come tutti popoli liberi hanno avuto lo sterminio, della loro ecatombe si sono incaricati nazisti e dopo gli ustascia, hanno incrociato il destino con gli Ebrei.
L’8 aprile è il giorno in cui i Rom esordiscono con le lacrime per ricordare la ferocia dei popoli stanziali, per rammentare a tutti il giorno in cui i nazismi, i fascismi, i razzismi, uccisero il vento, ma non lo ammazzarono del tutto. Per ribadire che l’egoismo, l’arroganza, servono solo a costruire muri, ma per quanto alti essi saranno, il vento riuscirà a salire più in alto, a scavalcarli. E dopo le lacrime e il dolore ci saranno le risa e l’allegria. L’8 aprile sarà il giorno di una festa colorata che per 24 ore costruirà la Nazione immaginaria che i Rom sognano da quando il mondo è nato, loro continuano a camminare perché il sogno non può morire, gli altri si sono fermati.
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