Il nucleare è tornato al centro del dibattito energetico nel nostro paese come altrove. Accadde dopo le crisi petrolifere degli anni Settanta, divenendo in molti paesi, a iniziare dalla Francia, la principale risposta al ricatto dei paesi produttori di petrolio. È accaduto dopo l’intreccio di crisi energetiche e geopolitiche innescate dall’invasione russa dell’Ucraina per estendersi al nuovo conflitto israelo-palestinese. Ai paesi, come il nostro, che ipotizzano un rientro nella tecnologia nucleare si contrappongono altri come la Germania che ne è uscita definitivamente da poco tempo, pur essendo tra i primi a disporne. Rispetto al passato, la motivazione con cui si supporta il nucleare si è allargata dal contributo che è in grado di fornire alla sicurezza dei sistemi energetici nazionali a quello, non meno rilevante, per l’abbattimento del riscaldamento globale, essendo l’unica tecnologia esente da qualsiasi emissione clima-alteranti.

Ho sempre ritenuto che questa tecnologia sia una “contraddizione” del nostro tempo, una delle possibili soluzioni alla sicurezza ed al cambiamento climatico, nel convincimento che senza il nucleare l’una e l’altra non abbiano soluzione. L’interrogativo non è quindi, almeno a mio avviso, il se rientrarvi ma dove e come rientrarvi. Il dove non può che dipendere dal grado di accettabilità sociale delle popolazioni verso questa tecnologia, evitando ogni sorta di forzatura. Penso che, diversamente dal passato, si debba operare e procedere per quanto ci riguarda in una visione europeista: attraverso collaborazioni con imprese e paesi, ad iniziare dalla Francia, dove elevato resta il favore delle opinioni pubbliche e solide le conoscenze ed esperienze. Quanto al come due i punti che mi sembrano dirimenti. Primo: l’assoluta necessità di fornire alle imprese che impegnano enormi investimenti condizioni di assoluta certezza sulla continuità dell’intrapresa, senza mutamenti nelle politiche governative.

Quel che nel nostro paese sarebbe molto problematico, alla luce delle disastrose e costose vicende del passato. Secondo: un kwh nucleare – dato l’attuale assetto dei mercati elettrici – non avrebbe possibilità di essere collocato, dati i suoi alti costi fissi e bassi costi marginali, in concorrenza con i kwh rinnovabili che godono di indiscutibili vantaggi e incentivi a carico dei consumatori. Ma se le rinnovabili in risposta ai cambiamenti climatici vengono supportate, perché non dovrebbe accadere anche per il nucleare? Un’ultima considerazione: il rientro nel nucleare non potrà che avvenire in tempi non brevi essendo legato alle innovazioni tecnologiche necessarie ad accrescerne la sicurezza e a ridurne le scorie radioattive. Aspetti l’uno e l’altro su cui il nostro paese, e quel che di importante si va realizzando, può dire la sua.

Alberto Clò

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