"Parla da influencer o da capo politico?"
Il leader Muskerato che attacca i giudici, Buccini: “Trump un po’ bollito, Elon personalità forte di questa presidenza”
L’intervento a gamba tesa di Musk sui giudici italiani fa discutere. Ne abbiamo parlato con Goffredo Buccini, del Corriere della Sera.
Grande stupore per l’uscita di Elon Musk sui giudici italiani che invadono il terreno della politica. Come lo hai letto?
«Bisogna che Musk decida chi è, quando parla. Se fa l’influencer può dire quello che vuole. E aggiungerei “Chi se ne frega di quello che dice”. Se però non è un influencer, e pare che non lo sia, perché sta accanto a Trump quando il presidente in pectore telefona a Macron, a Zelensky, allora cambiano le cose. Se è un consigliere ascoltato di Trump, mi verrebbe da dire doppiamente: si faccia gli affari suoi. Mi sembra incarnare insieme un grande pericolo e una grande opportunità».
Perché o, meglio, per chi, una grande opportunità?
«Il Musk che governa la politica, e che sembra prossimo a ricevere un incarico di governo, con tutto quello che rappresenta – fornendo di tecnologia avanzata il governo americano nello spazio e nei sistemi di comunicazione, quindi con asset strategici primari – non può interpretare tutti i ruoli e parlare a ruota libera. Perché qui c’è un conflitto di interessi pazzesco. Se Musk è invece governato dalla politica, e Trump ha la forza di farlo, diventa un propulsore formidabile, con tratti di genialità frammisti a elementi di fragilità, di disturbo psichico come egli stesso ha dichiarato. E diventa una porta verso il futuro, non solo per gli Stati Uniti ma per tutti noi. Come ha capito Giorgia Meloni che si sta costruendo un rapporto personale con lui. Dipende tutto da quanta politica riusciamo a mettere intorno al personaggio».
Da che parte propenderesti a oggi?
«Temo che la politica non lo riesca a tenere a bada. E temo che di fatto la personalità forte di questa presidenza non sarà Trump, un signore di 78 anni anche un po’ bollito, ma Elon Musk. Che tra l’altro non è nemmeno americano».
Due galli in un pollaio si beccano, ne rimarrà uno solo…
«Appunto, e qui i due galli in questione sono un gallo e un anziano gallinaccio. E quasi quasi la cosa mi preoccupa un po’ di più. Non so però dire quale sia il progetto di Musk, in prospettiva. E mi chiedo se lo abbia chiaro in testa almeno lui. Forse no. Perché uno che pensa contemporaneamente a conquistare Marte e a fermare l’immigrazione, al muro con i messicani e ad aprire orizzonti spaziali per l’umanità, può essere molto affascinante ma va governato».
Ad oggi non lo saprebbe dire nemmeno lui.
«No, anche perché l’uomo è ondivago. Si sta concedendo scorrerie fuori dal seminato. Inavvertite, inattese e non gradite, come dimostra la reazione del ministro Lollobrigida che gli ha risposto di farsi i fatti suoi. Dimostrando così che la dichiarazione sui magistrati italiani non era concertata con nessuno, e che ha preso in contropiede la stessa Giorgia Meloni».
La quale, prudentemente, tace…
«Lei è stata la prima a cogliere la portata del trumpismo, e non da ieri. In modo serio, come lei è. Dopodiché, essendo la presidente del Consiglio, se ne è dovuta allontanare sposando la causa dell’amministrazione americana in carica. Con una importante dose di atlantismo. Adesso non so cosa farà, dipenderà da molte variabili possibili».
E dipenderà da come si comporterà Trump con l’Europa. Lo scopriremo dall’Ucraina.
«Non penso che Trump manderà a fondo Zelensky e l’Ucraina in pochi giorni, consegnando a Putin le chiavi dell’Europa. Avremo un periodo di navigazione a vista. In questo periodo non credo che Elon Musk possa essere la bussola».
Gli investimenti militari saranno ridotti, probabilmente. Meno Pentagono e più X, per incidere sull’opinione pubblica europea?
«Non so se X sarà in grado di ridisegnare la geopolitica europea. E prima del nuovo soft power dobbiamo fare i conti con la fine del vecchio hard power».
Cioè il disimpegno militare americano nel vecchio continente?
«Sicuramente è un periodo in cui i bilanci dello Stato – penso al nostro, a quello italiano, ma non solo – avranno difficoltà a rispondere all’esigenza di mettere insieme un armamento comune. Che poi come dice Mario Draghi, se ci fosse un sistema europeo di difesa realizzeremmo tutti delle economie di scala. Se l’America dovesse decidere, e i segnali ci sono, di chiudere l’ombrello, dovremmo correre ai ripari. E per avere una difesa comune manca il presupposto di avere una politica estera comune. Ecco che dietro a ogni crisi c’è il rovescio della medaglia di una nuova opportunità».
Il gendarme del mondo non si può dimettere su due piedi, e tantomeno per fare posto al guru di X?
«Neanche a Trump conviene. Perché comunque, se è vera la telefonata di Trump a Putin, e io tendo a credere al Washington Post, sembra che da quella siano arrivati termini di avvertimento al Cremlino. Dove l’indicazione non è “mi sto ritirando”. Difficile dare una lettura compiuta dei segnali, anche contraddittori, che filtrano dalle prime avvisaglie della presidenza Trump».
La stabilità italiana fa del governo Meloni l’interlocutore privilegiato di Trump?
«Sì, Francia e Germania sono nei pasticci e noi siamo diventati il paese più stabile d’Europa. Grazie al pragmatismo e alla solidità della premier ma anche, si parva licet, alla insipienza delle opposizioni e dei suoi stessi alleati di maggioranza, che la rendono più forte. L’assenza di proposta alternativa è evidentemente la spinta che più aiuta Meloni. Finché manca una proposta alternativa riformista la politica rimane bloccata, e rimane in mano a lei».
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