La denuncia
“Il palista è scappato per un po’ di pioggia, ha perso 2 ore e non può tornare a casa”, lo sfogo della compagna di un autotrasportatore

Lo sfogo di una compagna di un camionista sta facendo discutere sui social, e apre un dibattito sulle sinergie che dovrebbero esserci tra i vari attori dell’autotrasporto.
Un settore “che dovrebbe ragionare come un ecosistema. Dovrebbe essere un equilibrio di forze, invece mi sembra che si viaggi sul filo del rasoio”. A scriverlo è la compagna di un autotrasportatore, un ragazzo che la chiama dicendole che “non tornerà a casa per la notte. In questo lavoro succede, gli imprevisti sono dietro l’angolo”.
Eppure quello che racconta è sintomo di un mondo che non funziona. “Mi racconta la sua giornata e mi spiega che arrivato al luogo di carico, ha iniziato a piovere. È venerdì e tutti hanno voglia di finire la settimana, per primi i palisti che alle prime gocce di pioggia, levano l’ancora.
Essendo estate, l’acquazzone dura giusto qualche minuto, il tempo di sporcare il camion di Matteo, lascio intendere la disperazione, ma questa è un’altra storia: il tempo per i palisti per scappare a casa”.
Al termine della pioggia per caricare il mezzo non c’è più nessuno. Anzi no, “solo qualcuno disperso chissà dove, che ha fatto tutt’altro prima di ritornare a caricare i disgraziati in cabina. Tutt’altro che è durato due ore”, denuncia la compagna di Matteo.
Quei 120 minuti il suo fidanzato li avrebbe potuti impiegare per tornare a casa, “magari mangiare e dormire in un posto decente. Due ore sottratte alle ore di impegno che per legge non possono superare le 13 o 15 ore”.
Da qui la riflessione su cosa non funziona nel mondo dell’autotrasporto, “un sistema che coinvolge più attori e che tutti gli attori sono responsabili di quello che accade”, denuncia la compagna di Matteo. Eppure “esiste la normativa 561”, ricorda, “volta a migliorare le condizioni lavorative e sociali dei trasportatori, quando poi non viene applicate anche alle aziende connesse con loro? Perché il palista può permettersi di andare a casa e il camionista deve aspettare come un cretino in piazzale? Perché nelle aziende, si fanno pause pranzo lunghe ore senza turni allo scarico e il vettore deve aspettare e poi recuperare le ore perse per strada? Davvero pensate che lo farà con sistemi leciti? Davvero pensate che ai trasportatori piaccia lavorare al limite dei tempi stretti e margini di guadagno minimi? Davvero pensate che poi assumeranno personale qualificato e preparato dovendoli sottoporre a ritmi del genere? Qualcuno di qualificato e preparato, avrà voglia di marcire in qualche magazzino e magari sottopagato?”, è lo sfogo affidato ai social.
Un settore ricco di “discrepanze”, è la denuncia, mentre invece “dovrebbe ragionare come un ecosistema. Dovrebbe essere un equilibrio di forze, invece mi sembra che si viaggi sul filo del rasoio. Difficilmente mi schiero nettamente, ma è chiaro che fino a quando ci saranno episodi del genere, il futuro dell’autotrasporto è buio. Serve davvero qualcosa che metta in comunicazione tutti gli attori della filiera e che inizino a lavorare in collaborazione, altrimenti è una partita persa”.
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