Il 30 marzo di quest’anno, anche se sembra trascorso molto più tempo, è entrato in vigore il reddito di cittadinanza, ovvero quella misura miracolosa (sì, per far prendere voti al M5S al Sud) che poco più di un anno fa, ai tempi di un’altra manovra, quella del governo Lega-5Stelle, consentì all’allora ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio di proclamare ufficialmente l’abolizione della povertà. E di essere anche preso sul serio. Per i pentastellati in effetti fu un grandissimo successo politico, forse il più grande, perché diventava realtà uno dei cardini del loro programma, e quello più immaginifico – se escludiamo l’intenzione più volte manifestata da Beppe Grillo di trasformare in un parco lo stabilimento dell’Ilva di Taranto.

Come per tutte le cose, arriva ad un certo punto il tempo dei bilanci. E a quasi nove mesi dall’entrata in vigore del reddito ammazzapovertà è il caso di fare qualche piccolo conto. Un conto impietoso, perché facendo una semplice operazione di aritmetica realizziamo che creare un solo posto di lavoro con il reddito di cittadinanza è costato ben 500.000€ ai contribuenti italiani, che è l’equivalente di ciò che si spenderebbe per assumere direttamente 20 persone o per farne assumere, con incentivi e decontribuzioni, almeno 50. Pochi numeri: oggi, a fronte di 1 milione di beneficiari del reddito, coloro che hanno trovato lavoro sono solo 18.000. Meno di 2 persone su 100. Si sono spesi 9 miliardi di euro per 18.000 nuovi posti di lavoro, appunto mezzo milione di euro ciascuno. Ma se con la cifra impiegata per trovare lavoro ad una persona si fossero pagati 20 stipendi da 25.000€ l’anno non sarebbe stato meglio? Se si fossero elargiti incentivi o decontribuzioni per l’assunzione di 50 persone non sarebbe stato meglio? Se si fossero investite quelle risorse per insegnare un lavoro alle persone in difficoltà, alle persone che hanno bisogno di riqualificarsi, non sarebbe stato meglio?

Al netto delle ideologie e delle visioni utopiche, la realtà che questi numeri ci mostrano è molto cruda: trovare lavoro con il reddito di cittadinanza resta più difficile che prendere un numero pieno alla roulette.  Le persone che avevano dato fiducia alla proposta grillina si stanno rendendo conto che il reddito di cittadinanza è un fallimento. La misura di politica economica dei pentastellati, quella che avrebbe dovuto segnare il cambio di passo sulle politiche attive dell’impiego, sta dimostrando che con le politiche assistenzialiste non si creano posti di lavoro e non si abolisce la povertà. E infatti gli italiani in stato di povertà assoluta sono circa 5 milioni. Se ci fosse un po’ di coraggio, si guarderebbero con attenzione questi risultati e si farebbe marcia indietro, ammettendo il macroscopico errore e decidendo di destinare le risorse del reddito di cittadinanza verso l’abbassamento della pressione fiscale e in particolare del costo del lavoro.