E Nanni prese il fucile. Sì, di Instagram. E in un istante Nanni Moretti risorse dai social alla faccia di chi non l’avrebbe mai detto. Un tempo, ogni film, ogni singola apparizione proprio di Nanni nostro era un evento. Primizia artistica, cinematografica e anche antropologica, per non dire politica. Sia detto senza neppure sentire il bisogno di citare il caso di Ecce Bombo o Bianca, o ancora Caro diario, o perfino di Aprile, che seppe trascinarsi appresso una coda di discussioni perfino polemiche politiche e addirittura militanti, in tempo di Girotondi “per la democrazia” contro il “caimano” Berlusconi.

Un tempo, Nanni Moretti era davvero un “beniamino” di un insieme umano e soprattutto giovanile riferibile alla cosiddetta “sinistra“, l’uomo, il regista, insieme a Michele Apicella, suo doppio sullo schermo, erano insomma perfettamente, spero comprendiate cosa intendo, contemporanei. Poi, come umanamente accade a ogni fenomeno artistico, culturale, letterario, i tempi cambiano, il pubblico invecchia, altri pensieri e priorità sopraggiungono, e tu, perfino se sei stato Nanni Moretti, smetti di essere, appunto, qualcosa da attendere insieme ai tuoi film, o perfino un semplice promo, un’anticipazione rubata, trattenendo il fiato, una priorità, tu e il tuo stesso nome. È accaduto a molti, anzi, accade a tutti: se posso fare un riferimento all’ambito letterario, torna in mente il caso di Andrea De Carlo, un tempo anche i suoi romanzi erano divorati, innalzati, quasi blanditi come accadeva ai libretti rossi di Mao, oggi sarebbe impossibile ricostruire quell’insieme compatto giovanile che già dalla mattina attendeva che aprissero le librerie per trovare Treno di panna. Lo stesso, incredibilmente, accade a Francesco De Gregori: i suoi concerti non sono più priorità generazionale. Certo, Rimmel resta nel cuore di tutti, ma anche in questo caso la contemporaneità sta alle spalle, insieme all’avvenire, per usare una parafrasi gassmaniana, anche esso dietro le spalle.

Tornando a Nanni Moretti nostro, ormai splendido quasi settantenne, i suoi film negli ultimi anni, penso a Habemus Papam, aldilà dei premi e delle commende internazionali, hanno smesso di essere eventi, non dico epocali o comunque circoscrizionali, e nel dire questo ripenso alla fila ordinata di pubblico adorante al suo “Nuovo Sacher” di largo Ascianghi a Roma. Le ragioni? Già dette, il pubblico invecchia, le mamme – anche le mamme come la prof Agata Apicella, la sua, cui Moretti ha dedicato il film-cenotafio omonimo – imbiancano, trapassano, raggiungono gli alberi pizzuti, altri pensieri, altre priorità, nuove calze elastiche da acquistare per una sopraggiunta flebite. Succede anche a chi era stata ragazza ansiosa di raggiungere in bici la sala in tempo per vedere La stanza del figlio o Palombella rossa, così nei giorni del non meno tragico trapasso del Pci.

Poi, miracolo incredibile dei social, sebbene nessuno penserebbe mai Moretti consustanziale a Instagram, improvvisamente una mattina, ecco che in rete vedi sbocciare un video, di quelli dove lo specchio delle brame esibizionistiche ordinarie è lì in primo piano, un video artigianale nel quale Moretti, e le sue fiancheggiatrici, Margherita Buy, Alba Rohrwacher, attrici feticcio, anche nell’aspetto, nella postura, nel “rango” da “radical chic” sono lì a cantare la canzone di un rapper sanremese, Mahmood, che si intitola Soldi. E il quasi splendido settantenne – in smoking come chi stia in attesa di ballare il tip tap o addirittura il valzer, o magari andare finalmente al matrimonio del pasticcere trotskista che si sposa addirittura in chiesa – torna nuovo, e quella che sembrava muffa, esatto, roba da “zecche”, come direbbero i detrattori “fasci”, quella che chiunque, cominciando dagli ignoranti avrebbero immaginato zavorra, improvvisamente, ecco che riporta al contemporaneo Nanni nazionale, e forse di questo si sarà stupito anche lui. Ci scommetterei che questo video surclasserà perfino il suo nuovo film, Tre piani, unico italiano in concorso a Cannes, quest’anno dal 6 al 17 luglio.

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Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "Quando c'era Pasolini" (2022). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube. Il suo profilo Twitter @fulvioabbate