Cinque articoli per sanare un’ingiustizia. Sono quelli del testo di legge sull’oblio oncologico che è approdato nell’Aula della Camera e che farà compiere un importante passo per restituire a chi è guarito da una malattia oncologica il diritto di non essere più discriminato nella vita sociale, professionale e familiare. In Italia sono 3,6 milioni i cittadini che hanno avuto una diagnosi di cancro e il 27%, circa un milione di persone, può essere considerato guarito, ma alla guarigione medica non corrisponde quella sociale.

Il vuoto normativo impedisce loro di chiedere un mutuo, sottoscrivere una polizza assicurativa o adottare un bambino. Discriminazioni che non hanno alcun fondamento medico e che spingono il legislatore a colmare quel vuoto, non solo perché lo chiede l’Europa con una risoluzione che raccomanda agli stati membri l’adozione di una normativa entro il 2025 ma perché è un gesto di civiltà.

Il provvedimento in esame prevede che non ci sia alcun obbligo di dichiarare la patologia pregressa per chi è guarito da dieci anni, che si riducono a cinque nel caso di insorgenza di neoplasie in età pediatrica; l’eliminazione degli impedimenti all’adozione; la tutela degli ex pazienti sia in campo assicurativo e finanziario sia in ambito lavorativo, con misure che incidono sui procedimenti concorsuali e sulle politiche attive del lavoro.

L’approvazione del testo unificato – a cui si è giunti grazie al lavoro di sintesi e condivisione delle relatrici Maria Elena Boschi (IV) e Patrizia Marrocco (FI) – porterebbe l’Italia ad essere all’avanguardia in Europa sulla tutela delle persone guarite da una malattia oncologica. Un via libera che la deputata di Italia Viva auspica arrivi in fretta e all’unanimità: “Lo dobbiamo ai cittadini, vogliamo e dobbiamo dimostrare che lo Stato è dalla loro parte”

Matilde D’Eramo

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