Il prezzo del grano duro scende mentre quello della pasta sale. Confrontando i prezzi attuali con quelli di marzo 2022, i rincari più pesanti si registrano in diverse province della Toscana: il record spetta a Siena, dove un chilo di pasta sale da una media di 1,37 euro/al kg dello scorso anno ai 2,17 euro di oggi, con un aumento del 58,4%.

C’è l’ombra della speculazione dietro l’aumento ingiustificato dei beni di consumo. E proprio per questa ragione il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha dato mandato al Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, di convocare la Commissione di allerta rapida. 

I controlli della Guardia di Finanza potrebbero scattare già alla fine della settimana, molto probabilmente dopo il summit, convocato per giovedì dal sottosegretario leghista Massimo Bitonci, come in passato era già accaduto per il caro benzina.

Ad attivare la Gdf è, tra gli altri, la Coldiretti. “È importante – dichiara il presidente Ettore Prandini – la convocazione della Commissione di allerta rapida per fare chiarezza, insieme al ministero della sovranità alimentare, sulle dinamiche dei prezzi dal campo alla tavola ed individuare eventuali pratiche sleali e speculazioni nella filiera della pasta sulle quali possa indagare al più presto la Guardia di finanza a garanzia degli agricoltori e dei consumatori”.

Obiettivo principale è quello di analizzare il motivo per cui solo a marzo la pasta è costata il 17,5% in più rispetto allo stesso mese del 2022. Un rincaro apparentemente senza senso visto che il costo della materia prima è calato e i costi dell’energia, dopo un’impennata dovuta allo scoppio della guerra in Ucraina, si sono decisamente normalizzati.

E proprio la pasta è fondamentale per l’economia italiana. Ogni italiano ne consuma mediamente 23,5 chili all’anno e l’Italia si accaparra circa un quarto della produzione mondiale annua, per un fatturato totale di circa 20 miliardi di euro. Coldiretti ricorda che il grano duro per la pasta viene pagato in Italia circa 32-36 centesimi al chilo ad un valore che non copre i costi di produzione ed è inferiore di oltre il 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre il prezzo della pasta è aumentato il doppio dell’inflazione.

Una distorsione che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al consumo che secondo l’Osservatorio del ministero del Made in Italy variano per la pasta da 2,3 euro al chilo di Milano ai 2,2 euro al chilo di Roma, dagli 1,85 di Napoli ai 1,49 euro al chilo di Palermo.
Sulla stessa linea i dati dell’associazione dei consumatori Assoutenti che ha stilato la mappa ufficiale delle città italiane più care per la pasta. Sul podio c’è Ancona (2,44 euro al kg), la più economica, è, invece, Cosenza (1,48 euro al chilo).

 

 

 

 

 

 

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