Politica
Inchiesta covid di Bergamo: l’autotutela di Conte e Speranza non li ha resi immuni dal processo di piazza
Il 12 marzo del 2020, prima che l’epidemia covid venisse dichiarata pandemia, su Il Riformista, ho cercato di spiegare e spiegarmi perché le misure anti-covid italiane sembrassero già allora così drastiche, anti-economiche ed invasive per le libertà individuali, rispetto a quanto accadeva negli altri Paesi.
E mi chiedevo, retoricamente, lo ammetto: “se il non ingiustificato timore dei nostri governanti e amministratori per il rischio di ricadute giudiziarie-mediatiche, dovute in gran parte ad un sistema mediatico-giudiziario molto diverso da quello della maggior parte degli altri paesi europei, e che non risparmia nessuno dalle sue bizzarrie, non abbia portato al più alto livello della loro autotutela nella gestione. Autotutela che non necessariamente coincide sempre con la tutela generale del cittadino che, assieme al bene primario della salute, si aspetta dalle pubbliche autorità di essere tutelato anche sotto altri profili. Compreso quello della sopravvivenza economica. Mi chiedo cioè se, di fronte al rischio di un qualunque sostituto Procuratore della Repubblica che potrebbe promuovere un’indagine nei confronti del Presidente del Consiglio, di un ministro, o di tutto il governo per il reato di epidemia colposa, ovvero di diffusione cagionata per colpa di agenti patogeni (combinato disposto degli articoli 438 e 452 del codice penale), dovuta a una qualche omissione, i nostri governanti non abbiano soprattutto cercato di proteggersi a catena da ogni possibile addebito personale.”
La risposta a questa domanda – per me, come ricordato, retorica – gli italiani l’hanno avuta con le gravissime sofferenze – anche economiche – e maggiori privazioni di libertà personali, rispetto agli altri Paesi Ue, durante tutta la pandemia.
Ed in questi giorni, hanno anche avuto la conferma che nessuna forma di Autotutela può garantire nessun governante dal circo “mediatico giudiziario” dei processi del popolo e di piazza che molti si ostinano a chiamare ancora “giustizia”.
Non sono mai stato un particolare estimatore né di Giuseppe Conte né di Roberto Speranza.
E penso che la teoria del contrappasso Dantesco debba essere spesso ripassata da tutti. Conte compreso.
Acquisendo la consapevolezza che chi di manettarismo ferisce, di manettarismo alla fine perisce.
Robespierre docet.
Sono però da sempre un irriducibile sostenitore della necessità di una Giustizia giusta, e dell’eliminazione dell’ingiustizia da circo mediatico e di piazza, alla quale Pulcinellopoli si è assuefatta da decenni.
Giustizia giusta che non può mai essere a senso unico. Provocando, ad esempio, nel centrodestra, l’indignazione e la protesta solo quando riguarda i propri esponenti.
Per chi, come me, crede ad una Magistratura davvero indipendente dalla politica, ma anche ad una Politica, ed un Esecutivo, indipendente dalla magistratura, questa indagine appare (da quanto letto sinora) l’ennesimo straripamento del giudiziario verso la politica.
Mi provoca molta tristezza leggere sulla stampa la trascrizione di messaggi Whatsapp – molti dei quali insignificanti – scambiati tra rappresentanti di governo ed amministratori lombardi, all’inizio dell’emergenza. Non credo che la loro pubblicazione aiuti in nulla l’affermazione della giustizia. Crea invece solo sfiducia generalizzata, e non mirata verso chi dovesse davvero aver commesso dei reati. Ma soprattutto sarà un ulteriore deterrente per la politica e la dirigenza di qualunque settore vitale nazionale ad assumersi la responsabilità di prendere delle decisioni. Decisioni che comportano sempre un margine di rischio. Soprattutto in contesti emergenziali, e senza precedenti e protocolli validati dalla scienza, a livello mondiale. Come appunto quelli relativi ai primi giorni dell’emergenza Covid. Nonostante il massimo livello di “autotutela” che era sottesa a tante misure adottate, e molto più drastiche che in altri paesi. Che molti cittadini, come noto, non hanno gradito, considerandole persino un attentato alle loro libertà individuali.
Mi chiedo quindi, perché invece della magistratura, questa inchiesta sulla gestione dell’emergenza pandemica non l’ha compiuta una Commissione Parlamentare d’inchiesta, che dispone degli stessi poteri dell’Autorità giudiziaria? Senza dare il pretesto al potere giudiziario di continuare a svolgere una funzione supplente per inazione pluridecennale della politica? In caso di accertamento di eventuali elementi di reato, commessi da singoli, la Commissione Parlamentare potrebbe sempre trasmetterli alle Procure della Repubblica competenti.
Ma tale procedura sarebbe stata troppo simile a quanto ci si aspetterebbe da un paese normale. Dove il governo governa, il legislativo fa le leggi, e la magistratura applica le leggi al caso concreto. Occupandosi di perseguire singoli reati, indagando su precise notizie di reato. E non della “ricerca della Verità” su eventi e fenomeni. Come, ad esempio, una pandemia o l’eruzione di un vulcano.
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