Ennesimo stop ieri in Commissione giustizia a Palazzo Madama sul ddl recante “Modifiche alla disciplina delle intercettazioni tra l’indagato e il proprio difensore, nonché in materia di proroga delle operazioni”. Il governo, tramite il vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, ha chiesto infatti più tempo per la riformulazione dell’emendamento della relatrice, la senatrice della Lega Erika Stefani, che stabiliva una durata complessiva delle intercettazioni non superiore a quarantacinque giorni, salvo che nei procedimenti in materia di criminalità organizzata oppure quando l’assoluta indispensabilità delle operazioni, per una durata superiore, sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.

Il ddl si propone poi di definire in maniera più puntuale il perimetro di applicazione delle intercettazioni fra l’avvocato ed il suo assistito. La nuova disposizione prevede infatti il divieto di sequestro e di ogni forma di controllo della corrispondenza tra loro due, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. I risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni eseguiti in violazione del divieto non potranno comunque essere utilizzati nel processo.

Ed ancora, fermo il divieto della loro utilizzazione, quando le comunicazioni e conversazioni sono intercettate lo stesso, il contenuto non potrà essere trascritto, neanche sommariamente: nel verbale delle operazioni si potrà esclusivamente indicare la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta. La comunicazione, si precisa, si presume intercorrente tra indagato e difensore in tutti i casi in cui sia operata su utenze telefoniche a costoro riconducibili. La violazione di tale disciplina dovrebbe poi costituire un illecito disciplinare per i magistrati. Per quanto attiene, invece, alla proroghe degli ascolti, si prevede il loro divieto se nel corso degli ultimi due periodi di intercettazione non siano emersi elementi utili alle indagini.

Stop, quindi, agli ascolti senza fine. “La Costituzione riconosce il diritto di difesa come “inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” ed anche la Corte costituzionale è intervenuta più volte per garantire il pieno rispetto dei principi”, ha ricordato Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia al Senato e cofirmatario del ddl, rammaricandosi che il provvedimento non abbia ancora visto la luce. “Anche la Corte di cassazione – ha aggiunto Zanettin – è intervenuta più volte sul tema, individuando i limiti di operatività del divieto e fissando alcuni principi, che possono ritenersi ormai consolidati”.

“Il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata, in quanto la “ratio” della regola va rinvenuta nella tutela del diritto di difesa”, ha comunque precisato Zanettin, mettendo a tacere le polemiche di chi ipotizzava un salvacondotto generalizzato. Si sono perse invece completamente le tracce della tanto attesa riforma del trojan, il virus informatico che trasforma il cellulare in una microspia perennemente accesa e che assorbe come una spugna tutti i dati contenuti al suo interno. Per i forzisti, primi fautori della riscrittura delle regole volute dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5S), deve tornare ad essere utilizzato solo nel contrasto ai reati più gravi, quelli di mafia e terrorismo, e non per quelli contro la Pubblica amministrazione. “Uno strumento investigativo talmente invasivo non può essere impiegato in maniera indiscriminata”, hanno sempre sottolineato gli azzurri.

Il tema era confluito in una Relazione redatta dalla Commissione giustizia del Senato al termine dell’indagine conoscitiva lo scorso anno sulle intercettazioni. Il testo, presentato dalla presidente della Commissione Giulia Bongiorno (Lega), era stato approvato da tutti i parlamentari del centrodestra e da Ivan Scalfarotto di Italia viva. Contrari gli esponenti del Pd, del Movimento 5 stelle e dell’Alleanza Verdi Sinistra. Il ritardo nel chiudere ora la partita in questa fase da parte del governo, che si era detto pronto a far sua la proposta d’iniziativa parlamentare, è quanto mai sospetto.

“Sul decreto intercettazioni la maggioranza è in frantumi e il governo non sa che pesci pigliare: da un lato Forza Italia, stufa di piegare il capo di fronte a norme forcaiole, presenta proposte di buonsenso, che noi siamo pronti a votare, visto che sono in linea con le nostre, dall’altra Lega e Fd’I che si schierano a difesa del trojan indiscriminato”, è stato il laconico commento di Enrico Costa, deputato e responsabile giustizia di Azione. Un garantismo a corrente alternata, condizionato anche dai molti magistrati in servizio presso l’ufficio legislativo di Via Arenula che non vedono certamente di buon occhio norme che possano in qualche modo togliere “potere” ai colleghi.

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Giornalista professionista, romano, scrive di giustizia e carcere