Le Ragioni di Israele
Israele, viaggio nel 2125. Un secolo dopo il boicottaggio

Estratto dal discorso pronunciato, alla presenza del Presidente della Repubblica italiana, del Presidente dello Stato d’Israele, del Presidente della Vera (Vaad Rashey Hauniversitaot) e dei Rettori di tutte le Università italiane e israeliane, da Luca Frozen Cresci, Presidente della Crui (Conferenza dei Rettori delle Università italiane), il 9 febbraio 2125.
Illustri Presidenti dello Stato d’Israele e della Repubblica italiana,
Illustre Presidente della Vera,
Magnifici Rettori delle Università israeliane,
Magnifici Rettori delle Università italiane,
siamo qui riuniti, esattamente un secolo dopo, a commemorare il giorno in cui, per la prima volta, un’Università italiana decretò un divieto di collaborazione scientifica con le Università israeliane. L’infausta iniziativa fu rapidamente seguita da altri Atenei, e poi da diverse associazioni scientifiche, accademie, istituti di cultura. Non ci sono parole per esprimere, come liberi cittadini, democratici, uomini di cultura, italiani, il senso di sgomento, rimorso e umiliazione che ci pervade nel ricordare quell’ignominia. Questa data resterà per sempre un simbolo di abominio, viltà, disonore. Sarà ricordata per sempre come il Giorno della Vergogna.
Proprio nel momento in cui il popolo israeliano era colpito da una tempesta di fuoco e di odio di inaudita virulenza, il mondo accademico italiano, anziché ergersi a sua difesa – come avrebbero imposto i valori di umanità, solidarietà, giustizia, libertà, basi indispensabili di ogni vera comunità di scienza – preferì schierarsi accanto ai nemici del genere umano. 87 anni prima, nel 1938, il mondo accademico italiano aveva già abbandonato gli accademici ebrei, quando le infami Leggi razziali del fascismo ne decretarono l’espulsione dalle aule universitarie. Nessuno levò la propria voce a loro difesa. Abbattuta la tirannide, la Repubblica, sia pure tardivamente e debolmente, riconobbe l’infamia e istituì anche un “Giorno della Memoria” per assicurarsi che tali nequizie non avessero mai più a ripetersi. Mai più.
Eppure, sembra incredibile a dirsi, 87 anni dopo, esse tornarono. Anzi, accadde molto di peggio. Nel 1938 l’Accademia finse di non vedere, girò la testa da un’altra parte. Nel 2025 fu parte attiva dello scempio. Non spettatrice vile e ignava, ma turpe e malefica protagonista. Devo confessare che oggi, 187 anni dopo l’infamia del 1938, 100 anni dopo l’infamia del 2025, provo una certa esitazione a promettere che tale vergogna non potrà “mai più” ripetersi in futuro.
Come possiamo noi, uomini del nostro tempo, assumere impegni per le generazioni future? Come possiamo essere sicuri che le coscienze non torneranno, ancora una volta, a oscurarsi? Posso solo dire che, come italiani, sentiamo non solo il peso dell’eredità che grava sulle generazioni che ci hanno preceduto, ma anche la responsabilità per ciò che faranno quelle future. Se l’Italia dovesse di nuovo – Dio non voglia – macchiarsi d’infamia, ciò sarebbe da attribuire anche alla debolezza della nostra lezione, del nostro esempio, del nostro impegno. Saremmo anche noi responsabili. Ne siamo consapevoli.
Non vi chiediamo di ascoltare ancora vane promesse, né di credere alla sincerità della nostra contrizione, o di accordarci un troppo facile perdono. Non abbiamo altro da offrirvi all’infuori del nostro capo chino, e del nostro silenzio.
Luca Frozen Cresci
Presidente della Crui
9 febbraio 2125
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