Approcci diversi. Visioni opposte. In Spagna si assiste a un boom di contratti di lavoro a tempo indeterminato: più di 350.000 nel primo trimestre del 2022. Un dato da record figlio della riforma voluta dal Governo a guida Socialista di Pedro Sanchez. Una misura con l’obiettivo dichiarato di combattere la precarietà e dai primi dati sembra che ci si stia riuscendo. Un modello che piace al segretario della Uil. Per Bombardieri è un modello che può funzionare anche in Italia. Per leader sindacale è necessario abolire la “flessibilità selvaggia” e mantenere i contratti a termine solo per le sostituzioni e i picchi produttivi. I rider sono diventati un esempio eclatante dello sfruttamento della precarietà con i cosiddetti lavori a chiamata. Il governo, con i sindacati in prima linea, ha trovato una soluzione per la categoria, ma il mondo del precariato è sempre  più vasto. In Italia gli ultimi dati Istat su occupazione e lavoro precario sono contraddittori.

Se da una parte si è quasi tornati ai livelli pre-covid, dall’altra l’aumento occupazionale è stato possibile solo grazie al lavoro precario. Infatti tra marzo 2020 e marzo 2022, l’Istat ha rilevato 535 mila occupati in più. Di questi però  il 97% è a termine e appena il 3% a tempo indeterminato. Siamo di fronte a un doppio aspetto: da una parte la risalita, anche forte, dell’occupazione e dall’altra la qualità di questa occupazione formata prevalentemente da contratti a termine anche a breve e brevissima scadenza. Uno spostamento di fatto da uno scenario di occupazione stabile verso un altro di lavoro sempre meno sicuro.

“Dopo il Covid ci troviamo con lo stesso numero di occupati ma con una situazione meno garantita e più precaria”, ha spiegato il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. “La precarietà è un’eredità che ci portiamo dal Covid e che speriamo di recuperare perché se dal punto di vista quantitativo l’occupazione sta rialzando la testa il problema resta quello della qualità del lavoro che è sempre più precario”. In recupero l’occupazione femminile, “una delle più colpite dal Covid”. Dati che preoccupano anche i sindacati. “Pur in presenza di un calo dell’indice di disoccupazione e di inattività – ha detto in una nota la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti – il dato più eclatante è che la ripresa dell’occupazione si fonda sostanzialmente sull’esplosione dei contratti a termine, oramai quasi il 20% dei contratti di lavoro dipendente, segno che non sono più uno strumento per affrontare esigenze temporanee e limitate, ma una caratteristica strutturale”.

“Per questo – ha aggiunto Scacchetti – sono indispensabili e non più rinviabili investimenti pubblici e privati volti a far crescere con maggior forza l’occupazione, in particolare fra i giovani e le donne. Inoltre, occorre avviare una riforma del mercato del lavoro con l’obiettivo di assicurare una prospettiva di stabilità e di crescita dei redditi: non è più accettabile che questo sia fondato sulla precarietà e su un modello di sviluppo economico e produttivo incentrato sulla compressione di costi e diritti”.