Siete sicuri che esista Babbo Natale? È bastato che le maestre ponessero questa domanda a giovanissimi studenti di quarta e quinta elementare in varie parti d’Italia per generare proteste finite sui giornali in questi giorni natalizi. Sebbene insegniamo ai bambini il valore della sincerità, paradossalmente perpetuiamo una tra le più grandi menzogne collettive: Babbo Natale. Tra i 3 e i 5 anni, i piccoli distinguono fantasia e realtà, ma credono ancora nel generoso ultracentenario che gira il mondo su una slitta trainata da renne volanti. Non si tratta di credulità o ingenuità infantile. I bambini sono vittime di una recita coinvolgente, dove famiglia, parenti, amici, insegnanti (non tutti, come di evince dai fatti di cronaca) e la società intera alimentano il mito. Avvistamenti falsi, biscotti scomparsi, Babbi Natale nei centri commerciali: tutti noi contribuiamo a questo Truman Show natalizio, financo il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America che segue in diretta il percorso di Babbo Natale. Di fronte a prove così affidabili, solo un bambino complottista dubiterebbe dell’esistenza di Babbo Natale! E comunque la scoperta che Babbo Natale è più leggenda che pancia piena di biscotti sembra non lasciare traumi o cicatrici indelebili nelle giovani vittime.

C’è invece il sospetto più che legittimo che il Natale, quando visto attraverso gli occhi di un bambino, possa recuperare per gli adulti quella magia perduta con la rivelazione dell’inganno e allora “non si dicono bugie” vale fino a quando non si tratta di salvaguardare la nostra felicità natalizia! Una sorta di bonaria e festosa ignoranza motivata, che non è mancanza di conoscenza ma rifiuto testardo di abbracciarla. Pur consapevoli che iniziamo a desiderare un cibo o una bevanda con gli occhi magari attraverso un semplice logo, tolleriamo i colori Coca-Cola rosso e bianco di Santa, in cambio di una fugace regressione felice che vibra al suono di un grasso Oh-Oh-Oh. Ma solo a Natale puoi, e non è sempre Natale! È necessario fare attenzione che l’ignoranza motivata non si trasformi in abitudine cognitiva e comportamentale, poichè è un terreno fertile per posizioni estreme. Un muro impenetrabile che ci impedisce di crescere e maturare andandosi a insinuare in ogni piega della nostra esistenza. Dalla salute, dove potremmo curare un malanno ma scegliamo di ignorarlo come una vecchia scatola nel garage, al rapporto di coppia, dove potremmo evitare una discussione inutile ma optiamo per la guerra fredda sul divano e così via. Chimiamolo amore per la stabilità o strana avversione al cambiamento, la scienza avverte che l’ignoranza motivata per molti di noi è un viaggio a senso unico: anche di fronte a opportunità finanziarie, spesso preferiamo rimanere incollati alle nostre convinzioni e ignorare riflessioni alternative e aperte a nuove prospettive. Eppure, dovrebbe farci più paura l’idea di spegnerci lentamente ogni giorno nella nostra rassicurante comfort zone piuttosto che lanciarci nel mondo, per quanto stravagante o incerto possa apparire.

E così, manipolando idee e credenze, terrorizzati dall’idea che opinioni divergenti possano far crollare il nostro castello di carte, rischiamo di affogare nella bolla accogliente della comodità piuttosto che tuffarci nell’avventura della conoscenza. L’ignoranza non colpisce coloro che sono semplicemente privi di conoscenza, bensì chi rifiuta di impegnarsi nella ricerca. Ed è un affluente della “cultura della cancellazione” che sta indebolendo il dibattito pubblico e la tolleranza per le differenze. In un contesto in cui la critica spesso prevale sul pensiero e la condanna supera la comprensione, il rischio di omogeneizzare le idee e stabilire verità assolute favorisce un conformismo ideologico che ci rende tutti meno capaci di partecipare in modo costruttivo a qualsivoglia tipo di dialogo. In un mondo dove la trasgressione è giudicata senza criterio razionale, siamo prigionieri di reazioni impulsive e castighi da manuale. L’attivismo di oggi sembra un reality show, con tanto di puntate di accusa, colpa e isolamento. Ma questa non è la strada per un cambiamento maturo. La cancellazione non è la chiave per migliorare la società; semmai è una ricetta per alimentare rabbia e frustrazione.

È come unADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) collettivo, una risposta impulsiva al disagio che ignora le radici del problema, senza sviluppare strumenti per affrontare la diversità.
Nel frattempo, nel circo mediatico, ci si divide tra difendere e criticare Chiara Ferragni.
Si discute se abbia clonato inquadrature e abbigliamento da un video di Salma Shawa postato qualche giorno prima, ma non un accenno ai contenuti molto diversi. Però è Natale!
Ognuno ha il proprio panettone da gustare, dimenticando del tutto la sostanza dietro la forma. Siamo proprio sicuri che sia solo la brava influencer a doversi porre qualche domanda?