100 anni dalla nascita di Berlinguer
La doppiezza comunista fu la fortuna del Pci
Enrico Berlinguer morì a sessantadue anni e si stanno celebrando i cent’anni della sua nascita. Nel corso della campagna campale delle elezioni europee, a Padova, ebbe un malore che lo portò dopo pochi giorni al decesso. Per dirla con i versi di Garcia Lorca: “Sui gradini sali Ignazio con tutta la morte addosso. Cercava l’alba ma l’alba non era”. È stato un personaggio tra i più popolari, influenti, carismatici e iconici della sinistra internazionale e della cosiddetta Prima repubblica. Per ricostruire i passaggi più importanti della sua biografia politica di ci serviamo dell’interessante documentazione delle “Note e appunti riservati di Antonio Tatò a Enrico Berlinguer”. Tatò è stato l’ombra di Berlinguer. Gli anni presi in considerazione vanno dal 1969 al 1984. Per intenderci, dall’autunno caldo delle lotte studentesche e operaie agli anni di piombo, al rapimento di Aldo Moro, al referendum sul taglio dei tre punti della scala mobile fino al governo Craxi.
Del periodo che va dal ‘69 all’84 ci interessa considerare le carte relative al rapporto tra Pci e Psi, in particolare quelle che riguardano Berlinguer e Craxi. Due facce della stessa medaglia. Bettino Craxi, nel 1976, dopo la sconfitta elettorale del Psi sulla linea politica degli “equilibri più avanzati”, fu eletto, nel Comitato centrale di luglio, all’Hotel Midas, segretario nazionale del Psi. Succedeva a Francesco De Martino, portatore di una politica originale che il Psi pagò amaramente e come si disse allora: “Il Psi aveva scosso l’albero e il Pci e la Dc raccolsero i frutti”. Il segretario socialista espresse la sua linea politica in un fondo sull’Avanti! in cui attaccava l’esecutivo Dc e il Pri e apriva in modo soft al Pci, puntualizzando che per una partecipazione diretta al governo si sarebbe dovuto creare un diverso rapporto di forza tra i due partiti ( Pci e Psi ) nello stesso tempo, necessitava una maggiore autonomia dall’Urss del Partito comunista. A ben vedere, non c’era occasione in cui il bipartito non faceva “riverenze” al Pci e questo, da parte sua, le accettava di buon grado. Questo accadeva quando ormai da tempo Berlinguer era saldamente alla guida delle Botteghe oscure.
Berlinguer e Craxi erano due leader profondamente diversi sul piano caratteriale, politico e culturale. Il loro rapporto era segnato da una profonda conflittualità che va dall’ascesa di Craxi alla segreteria del Psi sino alla morte di Berlinguer. I due si conoscevano bene, visto che entrambi erano figli della sinistra storica. Nel dopoguerra il Pci e il Psi lavoravano gomito e gomito, stretti prima dal Fronte popolare e poi dal Patto di unità d’azione, ragion per cui gli esponenti dei due partiti si relazionavano combattendo per lo stesso ideale socialista a favore dell’emancipazione delle classi lavoratrici. Berlinguer e Craxi si erano formati in quel mondo, uno a Roma l’altro a Milano. Il giovane socialista aveva svolto il suo primo lavoro politico di funzionario nella sezione del Psi di Sesto San Giovanni; il giovane comunista, per dirla con una battutaccia di Gian Carlo Pajetta, si era iscritto direttamente alla Direzione del Pci. In concreto, non è così, fu responsabile dei giovani comunisti sardi e di quelli della Fgci nazionale.
Erano della stessa pasta, entrambi cocciuti nell’affermare le loro idee e decisi e intransigenti a esercitare le loro leadership. Entrambi si erano gettati anima e corpo nelle organizzazioni giovanili dei loro partiti, sacrificando gli studi, e non solo quelli, diventando dei professionisti della politica. Berlinguer era un leader legato al comunismo. Pur essendo un comunista di scuola italiana, di forti convinzioni democratiche, non rinunciava alla rivoluzione e, nonostante il continuo sbandieramento della “questione morale”, non disdegnava il finanziamento illegale delle Coop rosse, dell’import ed export verso il blocco comunista e i finanziamenti da Mosca, ossia dalla capitale di uno Stato nemico. L’apparato elefantiaco comunista aveva un costo salato, molto salato che assorbiva tante risorse.
Per Tatò, braccio destro di Berlinguer, contava solo la “questione morale” e la sua influenza fu negativa nei rapporti con il Psi che veniva definito in mille modi: dal socialfascismo al partito di avventurieri, ad occupatori di poltrone, ad arrampicatori politici… Insomma, tra il Burlesque e il Circo Barnum. La doppiezza comunista fu la fortuna del Pci. Senza questa qualità il partito comunista più grande dell’Occidente non sarebbe arrivato dove arrivò. Dunque, per dirla tutta, non partito della “questione morale”, che nell’idea originaria berlingueriana significava anche l’occupazione partitocratica della Stato, piuttosto della doppiezza. Dal canto suo, Craxi era un tipico socialista riformista gradualista di scuola liberalsocialista, che voleva governare il sistema Italia per modernizzarlo nel vero senso del termine. Ragion per cui, trovava l’ostilità della stragrande maggioranza dell’élite e dell’establishment, reazionari, conservatrici e dei radical chic.
Guarda caso, all’epoca di Tangentopoli vennero fuori con il loro vero volto giustizialista che trovò nel Pci-Pds l’interlocutore privilegiato. I giornali dei cosiddetti padroni del vapore e i giornalisti di sinistra fecero il resto. Insomma, il combinato disposto di mezzi di informazione del partito dei Pm funzionò sul vento della “questione morale” portandoci all’Italia populista di oggi. Craxi liberò il socialismo italiano dai lacci e lacciuoli del massimalismo per portarlo nel circuito del socialismo e della socialdemocrazia europea, allora col vento in poppa. Fu la grande stagione del socialismo di governo che segnò un’epoca, mentre il comunismo era arrivato al punto di non ritorno. Il breznevismo lasciò in eredità una crisi irreversibile del comunismo e c’è da chiedersi come mai Berlinguer non si accorse che il comunismo stava per tirare le cuoia. Nonostante ciò si schierò a favore dell’installazione dei missili sovietici SS20, il cui obiettivo militare era l’Italia e successivamente tentò di rianimare la sua politica, inutilmente, con l’eurocomunismo. In seguito, tentò di superarlo con la “terza via”.
Vero è che Berlinguer era comunista dalla testa ai piedi, disprezzava il socialismo riformista fino al punto che contestò, nell’ottobre del 1980, la relazione sui rapporti Pci e Psi di Natta in Direzione, accusando Craxi di guidare un partito di destra e non cambiò il giudizio fino alla morte. Tant’è che rifiutò il compromesso sul taglio dei punti della scala mobile propostogli dal leader socialista, mettendo in difficoltà il segretario della Cgil Lama e arrivando a tal punto da indire il referendum. Che perse. Il Pci si è battuto contro il capitalismo e prova ne sia che il segretario comunista lanciò, grossolanamente, la sfida dell’occupazione della Fiat e però Botteghe Oscure fu restia ad accettare, nel 1985, morto Berlinguer, la vendita sotto costo della Sme dell’Iri a Carlo De Benedetti, col portafoglio a destra e con il cuore a sinistra, si fare per dire. Craxi fu il primo presidente del Consiglio socialista che non trovò un accordo con Botteghe oscure. Anzi trovò di fronte a sé il muro di gomma comunista e se non bastasse il suo governo fu considerato uno dei peggiori della Repubblica italiana.
Con il rapimento Moro e suoi cinquantacinque giorni di prigionia gli schieramenti partitici si divisero e mentre Berlinguer era con il partito della fermezza, Craxi era per quello della trattativa, per liberare lo statista Dc dai suoi assassini. Alla vigilia delle elezioni del 1978, il segretario socialista propose la “Grande riforma istituzionale”, che poi nella riflessione sua e di Giuliano Amato – consigliere in questa materia – alternò tra il presidenzialismo all’americana e il semipresidenzialismo alla francese. L’idea della Grande riforma era concepita per smantellare le sovrastrutture consociative, specie quelle dei regolamenti delle Camere. Quello che non capì Berlinguer fu che Craxi iniziò a ragionare sulle contraddizioni della Prima repubblica per superare la centralità della Dc e sostituirla con quella del Psi per costruire in prospettiva con i comunisti la sinistra di governo.
Il leader del Pci rifiutò senza mezzi termini, posizionando il partito nelle secche dell’alternativa democratica. Dopo la seconda svolta di Salerno. Fatto sta che al di là del compromesso storico non andò e, finita la solidarietà nazionale, si trovò senza alcuna strategia. Berlinguer e Craxi avevano come stella polare la politica con la P maiuscola ed erano due “Hombres vertical” ognuno dei quali era figlio del Novecento e legati al cordone ombelicale: uno a quello comunista e l’altro a quello socialista. Sarebbe ingiusto dire che nella loro politica c’era opportunismo.
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