I prossimi Campionati del Mondo di calcio si disputeranno nel 2026 e saranno ospitati da tre nazioni: Stati Uniti, Canada e Messico. Il più importante evento sportivo continentale, insieme alle Olimpiadi, non si svolgerà come da tradizione in una unica nazione. Per la verità non è la prima volta che questo accade: nel 2002 il Brasile di Ronaldo sollevò la coppa dopo aver vinto le proprie partite sia in Giappone che in Corea del Sud, dove tra l’altro l’Italia di Trapattoni venne maltrattata dall’arbitro Byron Moreno. Finora però non si era derogato a un principio elementare: le partite si sarebbero dovute giocare in una frazione di mondo relativamente ristretta e omogenea. Adesso in molti temono che quelli disputati, peraltro in inverno, nel 2022 in Qatar saranno gli ultimi mondiali ad aver visto l’intero svolgimento in un solo paese. “Russia 2018” sarà con ogni probabilità l’ultimo torneo disputato in una sola nazione durante il tradizionale periodo estivo.

La conferma ai timori degli amanti del vecchio football arriva dalla formula scelta per i mondiali del 2030, che si giocheranno tra Spagna, Portogallo e Marocco. Fin qui nessuna stramberia ulteriore, le similitudini con quelli del 2026 sono evidenti. Stavolta però si è deciso di fare un ulteriore passo avanti, una falcata decisamente ampia, forse l’ultima. Le prime gare del campionato saranno ospitate dagli stadi di Argentina, Uruguay e Paraguay, a diecimila chilometri di distanza da dove poi saranno impegnati i calciatori per la restante parte della rassegna. I match della competizione si svolgeranno in tre continenti diversi. Un vero record, ma di follia. La trasformazione è ormai completa, e rispetto a ciò che avveniva in passato resiste solo l’intervallo temporale di quattro anni tra un evento e l’altro. Chissà per quanto ancora. Le calcolatrici dei promotori Fifa sono in azione da tempo ed è chiaro a tutti come un mondiale ogni due anni contribuirebbe a ingigantire il fiume di denaro che il mondo del pallone alimenta costantemente, soprattutto grazie alle Tv.

E così in futuro sarà impossibile identificare un’impresa con una nazione, un campione con uno stadio, un momento della nostra vita con un’edizione particolare. Nessuno potrà più conservare nel proprio cuore emozioni come quegli italiani, adesso cresciuti, che davanti alla tv assistettero attoniti alle prima partite a colori di Argentina 78, con il celeste delle maglie dei padroni di casa che sbavava sui monitor delle prime tv color ancora ignare delle tecnologie super Hd e 4K. Non ci sarà più niente di paragonabile a “España 82”, per tutti il Mundial di Pablito, dei “Figli di Bearzot” e del Presidente Pertini. Le “Notti magiche” potranno essere al massimo serate sorprendenti che, invece di avvenire sotto il cielo di Roma, saranno distribuite a diverse latitudini. Anche le partite saranno sempre di più: già dalla prossima edizione parteciperanno 48 compagini contro le 32 dell’ultima edizione (nel 1982, quando vinse l’Italia erano 24, nel 1978 soltanto 16) ed è facilmente ipotizzabile che una buona fetta dei match proposti non sarà all’altezza della tradizione di questo storico evento.
Anche i calciatori, veri protagonisti di questo circo, alla fine sembrano disposti ad accettare tutto in cambio di stipendi che gonfiano ogni anno di più. Pochi alzano la mano e chiedono di tornare indietro. Inascoltati, come Diego Armando Maradona che già trent’anni fa sparava a palle incatenate contro la Fifa e le sue logiche mercantili. Il Pibe pagò caro, è storia.

Il processo sembra quindi irreversibile, il buonsenso contro il denaro ha meno chances di successo di una squadretta di periferia al cospetto del Brasile di Pelè. A poco servono i lamenti e le grida d’allarme lanciate da chi il calcio lo ama davvero, il triplice fischio della finanza applicata al pallone è già stato emesso. Non sono previsti tempi supplementari.