Il Governatore della California Gavin Newsom ha apertamente accusato il presidente degli Stati Uniti di fomentare le rivolte di Los Angeles e degli altri centri e città mandando la Guardia Nazionale: “Le nostre forze di polizia locali non avevano alcun bisogno dell’esercito, ha scritto Newsom su “X”, ex Twitter. E ha aggiunto: “Trump ha voluto mandare i soldati con un unico scopo: provocare ulteriore caos e violenza. Adesso la situazione è destabilizzata e toccherà a noi californiani con le nostre forze di polizia a ripulire il casino fatto da Trump”. Newsom ha annunciato pubblicamente che farà causa a Trump per l’uso illegittimo della guarda nazionale che è stato la causa e non la conseguenza dei tumulti che da tre giorni sconvolgono Los Angeles e dilagano per tutta la California.

La guerra di Trump all’odiata California

Tutto è cominciato a Los Angeles ma la California intera, colpita dagli ordini esecutivi che impongono di deportare gli stranieri illegali, è in piazza. Si direbbe che Trump abbia deciso di dichiarare la guerra alla California, baluardo del partito democratico con frequenti segnali di indipendentismo. Tutto è del resto diverso in California: la lingua, uscita dai binari dell’inglese americano, diverso il modo di vestire, mangiare, la filosofia sessuale e naturalista e l’uso delle droghe, separata dal resto dell’America dai tempi della caccia alle streghe del senatore McCarthy che assediava Hollywood e gli scrittori di sinistra come Arthur Miller, l’autore del “Crogiolo” il successo gli valse l‘amore con Marylin Monroe. E Trump non vedeva l’ora di arrivare allo showdown, la resa dei conti con lo Stato che rappresenta tutto ciò che lui odia e lo ha fatto con la mossa provocatoria di mandare l’esercito rendendo così esplosivo il nervosismo latente di Los Angeles con Hollywood, la ventosa San Francisco città-stato degli intellettuali.

Musk e il nuovo partito

Intanto a Washington si rafforza l’ipotesi secondo cui Elon Musk stia mestando nel fuoco californiano per reclutare fedeli per il suo progetto di un nuovo partito con cui sottrarre ai repubblicani, voti preziosi alle prossime elezioni di “mid term”. Trump è furioso con Musk e Musk è furioso con Trump avendo visto finire quello che sembrava un amore sviscerato e un po’ teatrale come quando Musk danzava e saltava sui palchi da cui il candidato Presidente faceva i suoi discorsi elettorali. Bisogna avere parecchi anni sulle spalle per ricordare il grande intervento della National Guard, che è un esercito interno con poteri che superano quelli di tutte le polizie di contea e di Stato e che dipende direttamente dalla Casa Bianca.

L’ultima volta storica fu subito dopo la morte di John Fitzgerald Kennedy. Il suo successore Lyndon Johnson – benché proveniente dalle fila più reazionarie del partito democratico dalla vecchia Confederazione Sudista – non esitò ad inviare questo esercito interno negli Stati ex schiavisti della vecchia Dixieland che pretendevano di mantenere l’apartheid per i cittadini di colore. Su di loro calò il pugno di ferro del Presidente Johnson che impose, armi in mano, che i bambini neri sedessero negli stessi banchi dei bambini “wasp” e che fossero demolite le separazioni negli autobus, nei cinema, nei ristoranti, nei treni e tutto questo processo di integrazione che oggi sembra remota avvenne con l’uso della forza dello Stato federale.

Il ruolo della Guardia Nazionale

Quindi la National Guard ha una tradizione di intervento in difesa dei diritti civili e il suo impiego in California sembra essere del tutto fuori dalla sua tradizione storica e politica, usata invece come esercito personale del Presidente per sostituirsi alle gelose autonomie locali e persino all’FBI. Oggi, la stessa istituzione militare sbarca come corpo di spedizione in California con lo scopo di togliere ogni iniziativa alle polizie locali per sostenere le norme con cui estirpare l’immigrazione illegale attraverso la deportazione di massa. Questa è l’origine di ribellioni e tumulti. Le forze di polizia locali e gli sceriffi di contea si sono a loro volta ribellati contro l’invasione militare, visto che come law enforcement, si sentono perfettamente in grado di tenere la situazione sotto controllo e vivono l’invasione come un affronto nazionale.

La decisione di Donald Trump è certamente presa in odio della California, il più potente e ricco stato degli Stati Uniti che se fosse indipendente costituirebbe una potenza mondiale. Le California è da sempre il paese dell’emigrazione interna americana che ha portato un popolo avventuroso un secolo fa attraverso la “Route 66” da Chicago a Los Angeles, la Mother Road simbolo di tutto ciò che di creativo e irregolare, celebrata dalla controcultura, nel cui tessuto si sono annidati nel giro di un solo secolo gruppi etnici, politici e di opinione che rifiutano qualsiasi imposizione di Washington, neanche da un governo democratico.

Le immagini che si vedono sui social mostrano piazze e strade torride percorse da uomini con scudi antisommossa tra le fiamme, davanti a migliaia di giornalisti e cameraman. La decisione di Donald Trump di far intervenire le truppe in California con tanta inusuale brutalità ha fatto nascere voci del tutto ragionevoli, anche se non provate, che il presidente voglia dare un brutale avvertimento a Elon Musk che potrebbe usare questo fronte sociale e politico dei tumulti contro la deportazione, in una sua base elettorale. Ciò spiega il tono profondamente rancoroso e aggressivo con cui Trump gli ha intimato di “star bene attento a quel che fa”, nel caso pensi di portare finanzianti ed energie nuove nel Partito democratico.

 

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.