Prima la grande fortezza per detenuti a vita in Salvador, poi una in Venezuela, quindi la voce di una riapertura del più famoso e feroce luogo di detenzione americano sullo scoglio di Alcatraz. E ora siamo in attesa della conferma di un altro campo di concentramento per immigrati clandestini con fedina penale, in Libia, nella zona controllata dal generale Haftar con cui gli Usa starebbero concludendo contratti che comprendono sia l’estrazione del petrolio che la edificazione e gestione di campi di concentramento in cui chiudere a vita gli immigrati clandestini accusati di gravi delitti e spaccio di droga nel gli Stati Uniti.

Trump e l’inferno di Dante…

Sembra che l’amministrazione Trump abbia adottato come programma anticriminalità le parole che Dante ha posto all’ingresso dell’infermo: “Lasciate ogni speranza, oh voi ch’entrate”. I criminali entrati clandestinamente negli Stati Uniti non saranno rimpatriati e messi in libertà nei Paesi d’origine, ma creperanno vivendo una vita carceraria orrenda in vari luoghi scelti fuori dagli Usa, salvo il caso di Alcatraz. Le associazioni umanitarie stanno protestando contro le condizioni disumane dei posti di detenzione ma sembra sia proprio questo il messaggio che l’amministrazione vuole diffondere: vi aspetta l’inferno. L’amministrazione ha lanciato poi l’idea alternativa di premiare i clandestini disposti ad andarsene con un premio di mille dollari.

Ergastolo e inferno anche per gli innocenti

Rumors spiegano che a breve potrebbe decollare per la Libia il primo aereo militare americano pieno di detenuti ammanettati. Saddam Haftar, figlio del dittatore del dittatore libico di Bengazi, nei giorni scorsi era a Washington per raggiungere un accordo: petrolio privilegiato e campi di concentramento. La notizia indica l’obiettivo propagandistico di Trump: rendere l’immigrazione illegale negli Usa diventi una porta per l’inferno. Sta già accadendo a El Salvador, il cui “hombre fuerte” Nayb Armndo Bukele ha messo a disposizione degli americani un sistema carcerario da cui nessuno uscirà mai. Neppure se un arresto si rivelasse ingiustificato. È un caso reale perché Kilmar Abrego Garcia – salvadoregno – è stato arrestato per errore in America e spedito al carcere di San Salvador benché in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Ma il presidente del Salvador, Bukele, ha espresso parere negativo e l’innocente resta all’ergastolo.

I luoghi del castigo eterno

E adesso si apre la pagina libica con cui gli Stati Uniti stanno concludendo contratti per lo sfruttamento dei pozzi dell’Est su cui domina Haftar e che include le carceri. Nei giorni scorsi aveva sconvolto l’opinione pubblica la notizia secondo cui Trump intende riaprire l’antico e infernale carcere di Alcatraz. Tutto il mondo ricorda come una leggenda dell’orrore quel carcere su un’isola da cui non si può fuggire, benché resista la leggenda secondo cui un detenuto riuscì a saltare in mare e il suo corpo non fu più ritrovato. El Salvador, Alcatraz, l’Est della Libia, sono per ora i luoghi di castigo eterno per chiunque sia sorpreso negli Stati Uniti dopo esservi entrato illegalmente. La funzione di questa politica è quella di creare un terrore preventivo che faccia passare la voglia di varcare la frontiera con gli Stati Uniti per raggiungere la malavita organizzata.

Finora gli espulsi dagli Stati Uniti consideravano la cacciata come un incidente rimediabile perché gli trovavano prima o poi il modo di rientrare attraverso i consueti passaggi. Trump ha deciso di scoraggiare in modo drastico qualsiasi tentativo di rientro illegale praticando lo spietato criterio di non rimpatriare gli illegali nei loro paesi di origine, ma di imprigionarli per sempre. Amnesty International chiede la chiusura dei siti “orrifici” e lo stesso Rapporto annuale americano sui diritti umani definisce le. Condizioni di detenzione in Libia come “durissime e capaci di mettere a rischio la vita compresa quella dei bambini cui sarebbe negato il diritto di rivolgersi a un tribunale americano per un regalare processo. Il New York Times riferisce di altri voli per deportazione di detenuti in India, Guatemala ed Ecuador.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.