Il commento
La nuova Forza Italia riformista fondata dal Berlusconi morente
Il testamento politico del leader richiama vistosamente i pensieri di Craxi e Pannella, i riferimenti ideali più vicini al mai realizzato “partito liberale di massa”
Trent’anni dopo quel 27 marzo 1994, la data del “nuovo miracolo italiano” firmato Silvio Berlusconi, il Cav torna a fare notizia, posto che abbia in realtà mai smesso. A nove mesi e mezzo dalla sua scomparsa, compie, infatti, un miracolo ulteriore in potenza – o volontà di potenza sarebbe più giusto dire, alla maniera di Nietzsche: quello di risuscitare politicamente. Una resurrezione che restituisce una immagine di Forza Italia profondamente diversa dal partito paludato e filoconservatore che negli anni è diventato. Nelle parole scelte dal leader morente, infatti, vi è tutta la passione per la mai riuscita rivoluzione liberale. Ma, ancora di più e in maniera se possibile ancor più vistosa, appare, mai come in questo scritto chiara ed evidente, l’impronta riformista, liberal-socialista del Berlusconi politico che, in punto di morte, ha scelto in modo certamente consapevole, commosso e pressoché istintivo, di riavvicinarsi con le parole e i concetti allo statista che per lui è stato prima di tutto un Amico: il leader socialista Bettino Craxi.
Il Cavaliere della dedica autografa di quattro pagine vergata quarantotto ore prima di spirare nella sua stanza al San Raffaele di Milano, rinvigorisce così lo spirito dei tanti che negli anni – anche per scelte da lui stesso avallate in nome della realpolitik e di una alleanza di centrodestra in nulla simile a quella di tre, ma anche di due decenni fa – hanno perso la speranza e quella voglia di credere in un partito liberale di massa, tuttora irrealizzato che, pure, solo in una Forza Italia perno di un’area moderata, liberale e riformista potrebbe, tuttora, in potenza (o volontà di potenza) prendere ancora piede.
Si tratta dunque di un lascito sconvolgente che fungerà da apertura, per tramite di Marina Berlusconi, del libro In nome della libertà che Paolo Del Debbio pubblicherà nei prossimi giorni, dedicato proprio al leader scomparso. Singolare anche la formula scelta che conferma ancora una volta, posto che ce ne fosse bisogno, la naturale e verrebbe da dire immortale predisposizione per l’uomo alla comunicazione efficace. Non un discorso retorico, ma una sorta di autointervista, alla maniera di un’altra gigantessa del pensiero rivoluzionario e libertario: Oriana Fallaci. Un’ intervista a se stesso che diventa un testamento indirizzato alla comunità politica di Forza Italia, il partito che proprio lui aveva fondato tre decenni orsono.
L’amore declinato verso la famiglia, il Paese, le generazioni a venire, trait d’union mai venuto meno con l’incipit storico del 1994: “l’Italia è il Paese che amo” che proprio Berlusconi nella penultima comparsa in video, alla fine del mese di maggio scorso, aveva voluto rileggere pubblicamente per intero. Segno evidente del fatto che queste nuove idee, proprio sull’onda lunga dell’anniversario, erano già nell’animo di un uomo riuscito così a trascendere persino il tempo. Con la forza delle idee. Quelle che troppi radical chic dal sopracciglio sdegnato si sono per decenni sforzati a smontare come bugie e favole. Invece no. Berlusconi rilancia, non si ferma al nostalgismo. Parla di solidarietà “verso chi ha bisogno”, diritto alla casa per tutti, addirittura di un “mondo senza frontiere e rispettoso di tutti gli Stati” che lo avvicina a un altro leader col quale un po’ di strada e ancor più idee furono condivise: il Marco Pannella leader radicale transnazionale. Un mondo in cui, quindi, non sia la difesa comune l’obiettivo ma la pace e il ripudio verso tutte le guerre, “follia delle follie”. Non stupisce, in tal senso, la telefonata riferita da Michele Santoro nella quale per un’ora i due, sempre nelle settimane precedenti alla scomparsa di Berlusconi, hanno parlato di pacifismo. In tutto ciò senza rinunciare alla battaglia di tutte le battaglie berlusconiane, “per il garantismo e una giustizia giusta”.
Può, dunque, sembrare un’utopia – o forse no – ma, a meno di tre mesi dalle elezioni europee, se l’attuale segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, eletto da un congresso finora inedito per il partito berlusconiano, riprendesse alla lettera questo manifesto straordinario, avrebbe per le mani, senza bisogno di venir meno alla sua vocazione alideristica, la possibilità di realizzare quello che nemmeno a Berlusconi è riuscito: un partito dei moderati e dei riformisti veri la cui Carta dei Valori è già stata dettata. Ci vorrà coraggio. Ma varrebbe la pena trovarlo.
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