“La politica non è il messaggio”. È il titolo del corsivo scritto stamani da Maurizio Crippa per censurare alcune recenti scelte di comunicazione elettorale e, in particolare, quelle ultime del Partito Democratico. Nei giorni scorsi, infatti, sui canali ufficiali dem sono stati pubblicati due post molto discussi e viralizzati: il primo, con la faccia del generale Roberto Vannacci metà coperta dalla scritta “ignoratelo”; il secondo, con un fac simile elettorale sul quale c’era il seguente testo: “si scrive Giorgia si legge no vax, pistoleri, omofobi e misogini”.

La mutazione genica della politica

Va detto che per quanto la critica abbia degli elementi di condivisione, i due esempi evidenziati dal vicedirettore de il Foglio non sono né esaustivi della assolutezza della tesi di una crisi dei “professionisti della comunicazione”, né tantomeno dell’assioma che la politica sia qualcosa di altro rispetto al suo messaggio. Anzi, è esattamente vero l’opposto.
Volente o nolente, infatti, con la crisi, questa sì ampiamente conclamata, dei corpi intermedi della società digitale, non solo la politica è diventata prima di tutto comunicazione, ma in modo più esasperante, è la comunicazione stessa ad essere una policy. È questa mutazione genica della politica novecentesca che induce anche Crippa in errore. Proprio la ricerca assillante di un messaggio che sappia catturare la nostra attenzione, o se vogliamo che sappia distoglierci dalla nostra perenne disattenzione, è la riprova di quanto la dissoluzione dell’organizzazione fordista della politica, dove ciascuno aveva un ruolo preciso e rispettava senza quasi mai discuterle delle regole formali, è un paradigma interpretativo fuori corso.

Catturare l’attenzione

La politica leaderizzata comunica innanzi tutto mediante il leader che diventa esso stesso messaggio, a partire dalle rispettive narrazioni reputazionali che riescono a costruire, consolidare e perpetuare. La legittimazione e il successo delle leadership si consustanziano nell’efficacia della loro comunicazione, che oggi si misura non solo e non tanto nei numeri raccolti nelle urne, ma prima ancora in quei pochi secondi di attenzione che quotidianamente riescono a strapparci. È questa la sfida più impegnativa che i leader e i comunicatori impegnati a valorizzarne le singole narrazioni, hanno davanti. Una sfida che porta a compiere anche degli errori grossolani che possono spazzar via in un secondo mesi e anni di lavoro. Quindi, per il Partito Democratico, così come per tutti gli altri partiti, lo dico in parte anche a malincuore, la politica è principalmente comunicazione.

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Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).