“Malattie sociali”, che tutti conosciamo, ma coperte ogni volta dall’indifferenza di molti, cancellate dallo sguardo che si volge altrove, dall’impotenza politica di chi ha in mano le sorti del mondo, buone intenzioni che cadono nel vuoto per l’affermarsi di altre priorità. Al primo posto le guerre – «guerre ideologiche, di potere, guerre commerciali, vendita delle armi» – con gli effetti mortiferi che vi fanno seguito: migrazioni, povertà, crisi umanitarie.

Le parole di Bergoglio, intervistato da Fazio a Che tempo che fa parlano a tutti, per quello che dicono e per quello che non dicono, e che peraltro non gli è stato chiesto: in piena luce le questioni sociali e politiche che oggi fanno pressione sulle popolazioni e sui governi del mondo, elencate con la semplicità e la forza di chi le ha meditate a lungo e fatte proprie con profonda empatia. Ma anche una sferzata contro il clericalismo che allontana la Chiesa dal messaggio evangelico. «Dio si è fatto uomo attraverso la venuta di Cristo – ha scritto nel suo post Angela Azzaro -. Il papa ha abbandonato ogni sacralità e si è fatto personaggio televisivo. È venuto a noi per dirci che la nostra indifferenza è diventata insopportabile, e che dobbiamo aprirci all’altro. Il suo consenso all’interno della Chiesa non aumenterà. Non aumenterà tra fedeli e cittadini. Ma doveva farlo, doveva tentare di salvare chi soffre, chi muore in mare, chi viene discriminato. Doveva ricordare il valore del perdono».

Quella di Bergoglio è una rivoluzione, rispetto al conservatorismo della Chiesa, alle sue ipocrisie, una rivoluzione che si richiama al Cristo dei Vangeli per essere riportata all’oggi, all’ordine esistente e alla barbarie che rischia di travolgerlo. Dalla condanna delle logiche di guerra, legate a interessi economici, del trattamento dei migranti, definito un crimine – con riferimento ai “lager libici” -, della devastazione della natura, che rende il mondo sempre più inabitabile: che cosa manca in quello che potrebbe essere visto come il manifesto di un altro mondo possibile? Non sono mancati nei social commenti critici sul silenzio riguardo a questioni come l’aborto e l’omofobia. Non gli è stato chiesto, ma avrebbe sicuramente dato, con la stessa sincerità, risposte che a molte, molti di noi non piacciono. Ma che senso avrebbe avuto “processarlo” per posizioni sessiste ancora radicate nel cattolicesimo, anziché apprezzarlo per battaglie di giustizia sociale che nessuna sinistra riesce a fare proprie?

La rivoluzione di Bergoglio è anche quella di essere entrato nel più popolare dei media, la televisione, non con l’aureola di un potere sovrannaturale, ma con la semplicità di un essere umano che parla ai suoi simili, di una persona che sa riconoscere i suoi dubbi su questioni religiose, così come la sua solitudine, il bisogno della vicinanza di amici, l’amore per la musica, e, in passato, anche il tango, il ballo della sua terra d’origine. Il “realismo puro” con cui Bergoglio riesce a nominare le miserie nascoste dietro la “cultura dell’indifferenza”, si accompagna sempre a un forte e profondo coinvolgimento personale, che non dimentica privilegi e differenze. Li nomina senza riserve – «non sono un campione di peso, sopporto come tutta la gente sopporta. E poi non sono solo, c’è tanta gente che mi aiuta…» -, ma sa anche indicare la strada che porta a camminare insieme agli altri, a riconoscersi nella fragilità e dipendenza del nostro essere umani, e a “prendersene cura”. Vedere non basta – dice – soprattutto se poi si volge lo sguardo da un’altra parte. È il tatto, il “toccare”, il senso più completo, quello che “ci mette la realtà nel cuore”.

In un tempo di pandemia, che ha messo allo scoperto i corpi, con i loro limiti e interdipendenze, la mano che si tende per alleviare la sofferenza dell’altro è qualcosa di più e di diverso dalla carità cristiana. È la necessità di fare oggi della cura non più un destino femminile, ma una responsabilità politica collettiva. Alla sinistra dei “duri e puri” tutto questo non bastava? Nessuno è perfetto. Grazie “compagno” Bergoglio.