Tra un’invettiva ai sostenitori di Trump («L’epoca della demagogia a fiumi e della violenza del linguaggio deve finire») e al governo Conte («La suddivisione dell’Italia in zone di rischio? Un’idiozia che prolunga l’epidemia e manda i cittadini al manicomio»), Vincenzo De Luca ha colto l’occasione per un annuncio. Durante il primo videomessaggio del 2021, il governatore campano ha fatto sapere che la Regione consegnerà una “tessera di avvenuta vaccinazione” ai cittadini ai quali saranno state somministrate la prima e la seconda dose del siero anti-Covid. «Potrà essere esibita per andare al cinema o al ristorante», ha aggiunto il presidente magnificando questa «bella iniziativa tutta campana».
L’idea di identificare i soggetti immuni al Covid con una card, una spilla o altri strumenti di riconoscimento era già stata vagliata nei giorni scorsi e aveva sollevato polemiche sull’esercizio dei diritti da parte delle persone sprovviste del “distintivo” perché restie a vaccinarsi. La discussione non è trascurabile: se si vincola la possibilità di svolgere un’attività al possesso di una tessera e dunque al fatto di essersi sottoposti a terapia immunizzante, giocoforza si determinano delle discriminazioni. Proviamo a immaginare che cosa potrebbe accadere in Campania (che, nel frattempo viene inserita dal Governo in zona gialla, cioè quella con rischio di contagio moderato e quindi meno restrizioni). Un napoletano vuole andare al cinema, il che costituisce un suo diritto, ma è sprovvisto della card che attesta il completamento della vaccinazione, terapia alla quale non è obbligato a sottoporsi: impedirgli di entrare in sala equivarrebbe a calpestare una sua sacrosanta prerogativa. Seconda ipotesi: viene introdotto l’obbligo di vaccinazione. A quel punto, la tessera annunciata da De Luca diventerebbe inutile perché privata della sua funzione principale, cioè quella di spingere sempre più persone a sottoporsi a terapia immunizzante.
È evidente come una simile iniziativa ponga una lunga serie di problemi in ordine all’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali. Ed è altrettanto evidente come la consegna di una tessera di avvenuta vaccinazione presupponga una concertazione non solo con il Governo centrale, ma soprattutto con le altre Regioni per evitare che – per esempio – un campano non vaccinato sia costretto a raggiungere altri territori per esercitare diritti anche banali come quello di cenare in un ristorante. Queste valutazioni sono state fatte, almeno in via preliminare? Si spera di sì anche se, conoscendo la “determinazione” di De Luca, nessuno si meraviglierebbe nel caso in cui quest’ultimo avesse deciso di realizzare la tessera in piena autonomia.
Certo è che la discussione che inevitabilmente si scatenerà sulla card rischia di far scivolare in secondo piano questioni sulle quali non si può abbassare la guardia. Il primo è proprio quello delle vaccinazioni: al momento la Campania è ai primi posti in Italia per rapporto tra dosi ricevute e somministrate e deve mantenere – anzi, aumentare – questo ritmo. Non sarà facile, visto che al servizio sanitario regionale mancano 15mila dipendenti. E poi c’è il grande tema della sicurezza e dell’edilizia sanitaria, riproposto dalla voragine di 2mila metri quadrati che ieri si è aperta all’esterno dell’ospedale del Mare e dal caos imperante nei nosocomi di provincia. Anche dimenticare certi problemi sarebbe come darsi una patente. Stavolta, però, non di vaccinati.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.