La vita di Enzo Sereni abbraccia decenni di sionismo e storia ebraica internazionale, sullo sfondo di una grande famiglia della Roma ebraica agli albori del Novecento. I Sereni rappresentano una famiglia della classe medio-alta ebraica italiana. Dove, grazie a una sana dialettica, si confrontano passioni ed esperienze dei fratelli Enzo ed Emilio, che saliranno in seguito alla ribalta, rispettivamente, nella storia del sionismo e del comunismo italiano. Figli di Samuele Sereni, medico della famiglia reale e nipoti del Cav. Angelo Sereni, illustre presidente della Comunità israelitica di Roma all’epoca dell’inaugurazione del Tempio Maggiore nel 1904.

Enzo ed Emilio erano due fratelli divisi nelle scelte, una socialista e l’altra marxista, ma accomunati dalla passione, che si tramuta in azione, di cambiare il mondo e dare il proprio apporto senza indugi né tentennamenti. Enzo brucia i tempi come studente universitario e intuisce che la sua missione è quella di partecipare alla costruzione del futuro Stato ebraico. Così lascia la bella casa borghese di Via Cavour e un futuro di successo, almeno come accademico, per le tende del nuovo kibbutz, che creerà dal nulla, di Givat Brenner, che nel giro di qualche anno si affermerà come una delle comunità agricole ben riuscite. Ma non si ferma qui. Diviene un esponente di punta del processo di immigrazione degli ebrei da tutto il mondo, che lo vede impegnato in diverse missioni di successo all’estero, dall’Egitto all’Iraq, in Europa e negli Stati Uniti, che lo porteranno a ricoprire un ruolo di primo piano e a cooperare con noti personaggi politici del futuro Stato ebraico: da Golda Meir a Ben Gurion.

È l’ebreo italiano che si contraddistinguerà per il suo impegno in seno al movimento sionistico senza risparmio di energie. Perché non c’è tempo da perdere. C’è da reclutare risorse umane, da trovare finanziamenti e implementare appoggi politici. Sereni è l’uomo giusto: è pragmatico, poliglotta, si presenta bene, sa gestire le pubbliche relazioni venendo da una famiglia che conosce le buone maniere. Senza mai dimenticare la sua terra natia, sono frequenti i suoi viaggi in Italia, e l’incontro con la comunità di Roma nell’estate del 1934, che è una testimonianza dell’atteggiamento passivo degli ebrei romani a ciò che accadeva. Dai suoi racconti, trasmessi poi dai familiari, trapelano ricordi indicativi di quella realtà.

Quando chiese di avere a disposizione una grande sala per poter radunare gli ebrei di Roma e avvertirli del pericolo incombente simile a quello che minacciava gli ebrei tedeschi, la comunità timorosa della reazione rinunciò, giustificandosi nel solito modo: “Parlare del pericolo lo aumenta solo”. Non avendo altra scelta, Enzo tenne il suo discorso in una piccola stanza davanti a pochi presenti, e le sue parole suscitarono il disappunto generale con diverse rimostranze: “Non è vero che il regime di Mussolini ha dato rifugio a migliaia di profughi ebrei? Non è vero che ha permesso un libero passaggio verso la Terra di Israele? Non è stato proprio il Duce a dichiarare più volte che l’antisemitismo non avrà luogo in Italia?”.

Stiamo parlando degli anni Trenta: incombe la minaccia nazista con le persecuzioni antisemite che sono crescenti in Europa mentre va avanti il progetto sionista, ma a Roma questi echi allarmanti non trovano seguito. Intanto il pensiero e il coraggio di Sereni si dispiegavano tra mille peripezie insieme a generazione di pionieri, animati dalle scelte fatali di quegli anni per il destino del popolo ebraico: la costruzione del futuro Israele, la battaglia contro Hitler e la salvezza di più ebrei possibili dalla furia nazifascista; il confronto con il mondo arabo che, dopo la sconfitta britannica in Grecia, sperava nell’avanzata nazista in Palestina per chiudere il conto con gli ebrei; il rapporto tormentato con gli inglesi che, sebbene combattessero le truppe di Rommel, intanto continuavano ad affondare navi di profughi ebrei che si accingevano a emigrare.

È il momento di prendere decisioni drammatiche, alle quali Sereni ci dà un’indubbia lezione: la scelta è l’azione. Purtroppo, la pagherà a caro prezzo, perdendo la vita nel lager nazista di Dachau, dopo essersi paracadutato in Italia per salvare gli ebrei dalla deportazione. Sua moglie, Ada Ascarelli, esponente di punta del movimento sionista, protagonista dell’immigrazione ebraica clandestina e dell’antifascismo, prenderà il testimone. Ma questa è un’altra storia.

Jonatan Della Rocca

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