Tra qualche settimana la XIX legislatura repubblicana spegnerà la sua prima candelina. In questo anno che sta per concludersi molto probabilmente un record è stato già battuto, almeno rispetto alle ultime due. È quello del selfie.

Sin dal giorno dell’insediamento, era il 13 ottobre del 2022, di selfie ne abbiamo visti tanti, anzi, volendo omaggiare il neo sposo Valerio Scanu, troppi, in tutti i modi, in tutti i luoghi, e, in tutti i laghi. Non c’è stata seduta della Camera e del Senato, non c’è stata riunione di una commissione parlamentare che non si sia aperta o chiusa con almeno un selfie da parte di qualche deputato o senatore che aveva premura di scattarsi una foto in compagnia dei colleghi per dimostrare senza prova di smentita ai suoi follower, ansiosi di spiarne la quotidianità, che a Roma dopotutto si lavora per davvero. Ecco che il selfie è diventato in questi dodici mesi sia il principale mezzo di prova a disposizione dei parlamentari per rendicontare inconfutabilmente la loro incessante attività dentro e fuori dal Palazzo e sia, al tempo stesso, è la strategia di comunicazione preferita per alimentare la placenta della relazione digitale, grazie alle foto da pubblicare come stories sugli account social.

Beninteso, non c’è un dato numerico preciso dei selfie che i parlamentari fanno, poi filtrano per limare imperfezioni o per tagliare l’intruso indesiderato, e infine condividono sui loro canali. Così come nei regolamenti della Camera e del Senato e nei Codici di condotta, non è normato un divieto preciso all’utilizzo della camera degli smartphone nei sancta sanctorum della politica italiana, eppure su un punto è possibile convergere, oggi il selfie accomuna tutti i gruppi. Sul salario minimo o sul Reddito di cittadinanza maggioranza e opposizioni sono pronte a darsele di santa ragione, ma sull’irresistibilità e sull’irrinunciabilità di un selfie sono tutti dalla stessa parte della barricata. “Il selfie – come scrive Giovanni Stanghellini – “una nuova ossessione della contemporaneità, un quadro che se non ha rilevanza clinica ha sicuramente dignità sociologica”.

Il rischio più grande che corriamo, che i nostri parlamentari corrono in questa legislatura che ha ancora quattro anni davanti a se, è di restare vittime di quello che Giuseppe Riva chiama il primo paradosso del selfie: “sono un modo efficace per mostrarsi e raccontarsi agli altri, allo stesso tempo non sono in grado di rappresentarci in maniera completa e assumono vita propria continuando a raccontarci allo stesso modo anche quando siamo cambiati” o c’è la necessità politica di raccontare altro.

L’utilizzo senza freni delle immagini, che racchiudono inevitabilmente verità parziali e frammentate, solo perché ci narcotizzano con la restituzione di like e di visualizzazioni, e la contemporanea rinuncia del racconto che privilegia la fatica della parola diretta, perché avara di un riconoscimento immediato e allargato, rischia sul lungo periodo di corrodere la reputazione dei legislatori e quella della gravità del loro impegno costituzionale.

L’abuso del selfie, bisognerebbe rammentare ai nostri parlamentari, ai 302 rieletti dalla passata legislatura e ai neofiti dei palazzi romani, porta i follower all’ assuefazione e da qui è facile cadere nella padella della banalità. Perché per quanto orizzontali e disintermediate cercate di essere nell’esercizio delle funzioni, “i deputati agiscono con disciplina e onore, rappresentando la Nazione e osservando i principi di integrità, trasparenza, diligenza, onestà, responsabilità e tutela del buon nome della Camera dei deputati”. È pur vero che ai follower piace ficcanasare nelle vostre vite, ma dopo un po’ anche il più curioso dei nostri follower si stanca e passa oltre e a voi rimane solo la galleria dello smartphone inquinata da migliaia di selfie diventati di colpo inutili. E, forse, dannosi della credibilità.

Avatar photo

Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).