Il passato che non passa
L’addio a Forlani e alla Prima Repubblica: dal Pnrr senza risorse europee al clima da sommossa post Tangentopoli
Con i funerali del ‘Coniglio mannaro’, si chiude per davvero un’epoca della storia italiana durata quasi un cinquantennio. Qualsiasi seria analisi sulla Prima Repubblica, non può che partire dal ‘bestiario’, ovvero i tantissimi nomignoli con cui furono appellati i protagonisti di quei decenni. Una selva di Conigli Mannari (Forlani), volpi (Andreotti) Ghini di Tacco o Cinghialoni (Craxi), Squali (Vittorio Sbardella), commercialisti di Bari (Rino Formica), comari (Beniamino Andreatta), cognati (Pillitteri) e picconatori (Cossiga).
In un’epoca in cui non andava tanto di moda l’autocoscienza, i politici sapevano mettere a nudo le particolarità dei loro concorrenti, con un acume fotografico che non ha pari. Anche perché c’erano giornalisti che seguivano gli eventi con il binocolo, come capitava a Giampaolo Pansa, che dal congresso di Bari, fissò la decadenza di Bettino Craxi, dalla canottiera madida di sudore del leader socialista tra le colonne romaniche di Filippo Panseca. O Come Gianfranco Piazzesi, che usò quell’epiteto per l’Arnaldo di Pesaro, traendolo dal Mulino del Po di Riccardo Bacchelli.
Un giornalismo che aveva imparato a studiare i dettagli, ed una politica che in qualche modo aveva inventato una sua lingua, una sorta di esperanto valido nei Transatlantici. A partire dallo strepitoso ossimoro attribuito ad Aldo Moro, in realtà coniato da Eugenio Scalfari, in un articolo, che vergò sul settimanale L’Espresso. Quelle convergenze parallele che benedirono nel 1960, il primo governo Fanfani (“Rieccolo”) che doveva far uscire il paese dalla devastante esperienza tambroniana. Era un esecutivo monocolore che godeva dell’appoggio parallelo (ma non contrattato) dei socialisti e dei monarchici, e che avrebbe poi portato, nel 1963, alla stabilizzazione di una formula politica quella del centro-sinistra – che fra alti e bassi sarebbe durata trent’anni.
In quella legislatura peraltro si nazionalizzò l’energia elettrica, si istituì la scuola media unica, si abolì la censura, e si portò praticamente a termine l’Autostrada del Sole, insomma un vero e proprio PNRR ma senza risorse europee. Forlani ad esempio è stato un uomo politico che, senza mai esagerare, ha segnato innegabilmente la Prima Repubblica, e non solo per la sua carriera, ma anche per la sua sobrietà. Come sia finita poi la prima Repubblica è cosa nota, il pool, le monetine al Raphael, i processi, i suicidi, Hammamet, per ricorrere ad altrettanti titoli, che rievocano gli anni di Tangentopoli.
Del famoso interrogatorio con Di Pietro, Forlani disse a Barbara Palombelli anni dopo: “La televisione e il suo uso tendenzioso privilegiano il protagonismo, le battute a effetto. Nel mio caso, mandò in onda soltanto la mia immagine, dopo quattro ore di interrogatorio. Se uno parla per tanto tempo, rispondendo ad attacchi accaniti, su cose che in larga parte non conosce neppure… se l’ accusassero di avere ucciso sua nonna, per quattro ore, non verrebbe la saliva ai margini della bocca anche a lei?”. Ed infatti allora il titolo che comparve su tutti i quotidiani fu: “l’ex segretario della Dc con la bava alla bocca davanti a Di Pietro”. Una caratteristica che in Italia è continuata anche per gli anni a venire.
Scrisse il deputato socialista Sergio Moroni all’allora Presidente della Camera Giorgio Napolitano prima di suicidarsi con uno fucile da caccia: “Mi rendo conto che esiste un diritto all’informazione, ma esistono anche i diritti delle persone e delle loro famiglie. A ciò si aggiunge la propensione allo sciacallaggio di soggetti politici che, ricercando un utile meschino, dimenticano di essere stati per molti versi protagonisti di un sistema rispetto al quale oggi si ergono a censori. Non credo che questo nostro Paese costruirà il futuro che si merita coltivando un clima da «pogrom» nei confronti della classe politica, i cui limiti sono noti, ma che pure ha fatto dell’Italia uno dei Paesi più liberi dove i cittadini hanno potuto non solo esprimere le proprie idee, ma operare per realizzare positivamente le proprie capacità e competenze”.
Insomma una sorta di passato che non passa, che ha segnato anche il tramonto dell’ ‘uomo abbastanza normale’ (così si definì Forlani con Giovanni Minoli), e che oggi, 30 anni dopo, è ancora realtà.
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