L’Italia ha dovuto navigare a vista ma gli altri paesi occidentali, oggi, non hanno più scuse. È questo il senso di un lungo articolo del New York Times che ripercorre la strategia messa in campo nel nostro Paese per arginare gli effetti del coronavirus. Una strategia non esente da passi falsi ma che, proprio in virtù dei continui aggiustamenti in corsa, ha mostrato agli altri paesi le misure da adottare.

“La tragedia dell’Italia – scrivono – ora rappresenta un avvertimento per i suoi vicini europei e per gli Stati Uniti, dove il virus sta arrivando con la stessa velocità. Se l’esperienza italiana mostra qualcosa, è che le misure per isolare le aree colpite e limitare i movimenti della popolazione più ampia devono essere prese il più presto possibile, messe in atto con assoluta chiarezza, e quindi applicate con rigore”.

Eppure l’esempio italiano, prezioso in questo momento per il resto del mondo, all’inizio ha mostrato tutta l’incertezza di un governo che stava facendo i conti con qualcosa di assolutamente inedito, una situazione straordinaria, “la crisi più difficile del paese dopo la Seconda Guerra Mondiale“, come l’ha definita ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

“Nonostante ora disponga di alcune delle misure più dure al mondo – spiegano gli autori dell’articolo – le autorità italiane hanno compiuto molti passi  falsi all’inizio del contagio, quando ciò che contava di più era il tentativo di preservare le libertà civili  e l’economia”.

E il primo di questi passi falsi citati nel pezzo è l’iniziativa del Partito democratico milanese di organizzare il 27 febbraio un aperitivo ai Navigli contro la paura del contagio. Erano i giorni di #milanononsiferma, prima che l’epidemia mostrasse i danni irreversibile che stava già compiendo.

“Mentre le infezioni da coronavirus in Italia superavano i 400 casi e il numero dei morti raggiungeva la doppia cifra – ricorda il Nyt – il leader del Partito Democratico al governo pubblicò una sua foto mentre brindava durante  “un aperitivo a Milano“, esortando le persone a “non cambiare le nostre abitudini“. Era il 27 febbraio. Nemmeno dieci giorni dopo, quando il bilancio salì a 5.883 infezioni e 233 morti, il capo del partito, Nicola Zingaretti, pubblicò un nuovo video, questa volta informando l’Italia che anche lui aveva contratto il virus”.

Nel lungo articolo dedicato al nostro Paese, si ripercorre la cronologia delle misure messe in campo dal governo, delle richieste dei governatori e dei numeri tragici imposti dal virus. “I tentativi frammentari dell’Italia di arginarlo- isolando prima le città , poi le regioni , quindi chiudendo il paese in un blocco intenzionalmente permeabile– sono sempre rimasti indietro rispetto alla traiettoria letale del virus”.

Misure troppo timide, messaggi contraddittori e la graduale presa di consapevolezza che l’isolamento totale fosse l’unica strategia efficace contro l’aumento del numero dei contagiati, e quindi dei morti. Fino al messaggio di ieri, in cui il presidente Conte ha annunciato la chiusura di tutte le attività produttive non strettamente necessarie alla sopravvivenza del Paese.

Una lezione, conclude l’articolo, per gli americani e gli altri paesi.

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