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“Non siamo tutti come lui”
L’Austria, l’avvento dell’estremista Kickl e i lager per migranti: Schallenberg prova a convincere l’Ue che il nuovo governo non sarà così “bruno”
Non tutti gli austriaci sono stati nazisti. Non tutti i nazisti erano delle brutte persone. E via andando. D’altra parte è difficile alleggerire il clima di fronte a un Herbert Kickl, futuro premier pronto a tutto

“Non siamo tutti come lui”. È stato un po’ questo il messaggio della visita lampo del cancelliere ad interim austriaco, Alexander Schallenberg, ieri a Bruxelles. Un giro di incontri serrati – presidente del parlamento, Roberta Metzola, quello del Consiglio Ue, Antonio Costa e la numero uno della diplomazia europea, Kaja Kallas – dopo un fine settimana già impegnato nei tête-à-tête con l’omologo tedesco, Olaf Scholz, e la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Vienna non si rassegna al fatto di essere prossima a un governo di estrema destra – il primo dal ’45 a oggi – e così corre ai ripari. Non tutti gli austriaci sono stati nazisti. Non tutti i nazisti erano delle brutte persone. E via andando. Sembra di essere nel 1938. D’altra parte, è difficile alleggerire il clima di fronte a un Herbert Kickl, prossimo a diventare premier appunto, che non ha mai accennato di voler retrocedere dalle sue posizioni estreme. Il piano di voler “concentrare in un unico luogo” tutti i richiedenti asilo, l’ambizione di proclamarsi Volkskanzler (cancelliere del popolo), come già fatto da Hitler nel 1933, e l’esplicito legame con i gruppi di estrema destra della Mitteleuropa restano delle priorità di governo.
Kickl e gli anni luce di differenza con Meloni
In queste settimane, c’è chi ha auspicato – Politico.com per esempio – per Kickl un percorso di moderazione simile a quello di Giorgia Meloni. È curioso, però, che gli osservatori brussellesi, che appena un mese fa hanno proclamato la nostra Presidente del consiglio come la figura più influente d’Europa per il 2024, oggi non si rendano conto della differenza. Tra Meloni e Kickl ci sono anni luce di differenze. Della prima non si può negare – non lo vorrebbe lei – un passato con una certa destra. Ma anche un impegno a evolvere quest’ultima e sé stessa in direzioni politiche, economiche e culturali più coerenti con i nostri giorni. Per Kickl tutto questo non è immaginabile. Trascorsi e intenzioni di questo politico austriaco sono inequivocabili. Se proprio è necessario un paragone, è più plausibile farlo con l’ungherese Vitkor Orbán. Ma anche qui siamo alla forzatura. Il leader magiaro vanta una militanza nel liberalismo conservatore, le cui tracce oggi sono impercettibili. Da lì si è estremizzato. Kickl non ha fatto nemmeno questo.
Il problema è l’Austria
Tuttavia, faremmo un errore a soffermarci sulle criticità della persona. Il problema è l’Austria. Con l’avvento di Kickl, una delle più importanti capitali al mondo, per densità di organizzazioni internazionali e agenzie che vi hanno sede, viene governata dall’estrema destra. Vienna è il quartier generale, tra le tante, dell’Aiea (agenzia Onu per l’energia nucleare), dell’Osce (sicurezza e cooperazione in Europa) e dell’Opec, che non ha bisogno di presentazioni. È in questi uffici che buoni e cattivi si incontrano nonostante guerre, sanzioni e crisi energetiche in corso.
Quanto sarà garantita la neutralità che la capitale austriaca vanta da ormai ottant’anni se al potere c’è un governo che non nasconde il suo orientamento pro-Russia? Quanto sarà coerente che la European Union Agency for Fundamental Rights (Fra), Agenzia Ue per i diritti fondamentali, continui a convivere in una Vienna dove sostanzialmente si sogna di riaprire i Lager per gli immigrati? Per inciso, gli ultimi dati Ocse dicono che l’immigrazione in Austria è composta soprattutto da cittadini con passaporto tedesco, ucraino e rumeno.
E che nel 2023 si è avuto un calo del 49% di richieste di asili, in quanto gli eventuali siriani, afghani e turchi giunti su suolo austriaco sono andati poi altrove (migrazione di passaggio). Ma ancora: quanto fa riflettere questa Austria che – come la tessera mancante di un puzzle – va a completare un blocco populista, filo-putiniano, mitteleuropeo, già composto da Budapest, Bratislava e Bucarest, ma al quale si aggiunge Zagabria e forse Praga da tra qualche mese? In Croazia, infatti, il voto di domenica hanno confermato il putiniano Zoran Milanović alla Presidenza. In Repubblica Ceca invece, le elezioni parlamentari saranno a ottobre. E le previsioni danno per vittorioso Andrej Babiš, l’imprenditore già premier, colluso (si dice) con il Kgb sovietico e oggi alla guida del partito populista Ano 2011.
Oltre a questo si aggiunge che l’Austria è un Paese virtuoso. “Ordinato”, per dirla alla maniera dei nostalgici degli Asburgo. La sua economia è stabile. La disoccupazione sotto controllo. Vanta addirittura un saldo attivo nel bilancio Ue. Vienna dà a Bruxelles più soldi di quanti ne riceva. Tuttavia, pur non soffrendo dei mali che gli fanno da terreno fertile, segue il vento del populismo. Potrebbe succedere altrove?
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