Il Pocho lascia il calcio
Lavezzi, lo ‘scugnizzo’ che amava Napoli e giocava alla play con il boss

L’ex attaccate del Napoli Ezequiel Lavezzi ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato all’età di 34 anni. Lo ha dichiarato al termine della partita giocate con il club cinese Hebei CFFC, nell’ultima giornata del campionato cinese. “Questa partita la ricorderò per sempre perché è l’ultima della mia carriera. Voglio godermi i miei figli, la mia famiglia. E’ il momento giusto per prendere questa decisione”, ha detto Lavezzi autore anche dell’unico gol della sua squadra. L’attaccante argentino lascia la Cina dopo 3 anni e mezzo e 35 gol segnati.
Con la maglia del Napoli dal 2007 al 2012, il Pocho è stato uno degli idoli dei tifosi collezionando 188 presenze, 48 gol e una Coppa Italia vinta. Poi il passaggio per 30 milioni di euro al Psg dove in quattro stagioni ha vinto tre campionati oltre a diverse coppe nazionali (161 presenze e 35 reti il bilancio statistico). Con la Nazionale dell’Argentina è sceso in campo 51 volte, con 9 gol, arrivando secondo ai Mondiali del 2014. Nel 2008 fu tra i protagonisti della selezione albiceleste che conquistò l’oro olimpico a Pechino.
Appende gli scarpini al chiodo il #Pocho #Lavezzi. Saluta anche la #Cina con una rete alla sua ultima apparizione.
Grazie di tutto❤️
— Simone Guadagno (@SimoneGuadagnoo) November 27, 2019
LA FALSA PARTENZA IN ITALIA – Lavezzi viene acquistato nell’agosto del 2004 dal Genoa che versò nelle casse dell’Estudiantes Buenos Aires un milione di euro. Impegnato in Serie B, il club ligure decide così di lasciarlo per un anno in prestito al San Lorenzo, nella massima serie argentina, dove realizza 9 gol in 29 presenze. Nell’estate del 2005, scaduti i termini del prestito, torna al Genoa in vista della stagione 2005-2006 da disputare nella Serie A appena riconquistata per affiancarsi in attacco ai connazionali Diego Milito e Lucas Rimoldi.
Lavezzi sceglie la maglia numero 77 e viene presentato ai giornalisti a Genova il 12 giugno 2005 e successivamente ai tifosi il 16 luglio, in un carosello allo stadio Luigi Ferraris al cospetto di 20.000 presenti.Effettua la preparazione estiva in ritiro con la squadra agli ordini di Francesco Guidolin, ma con la maglia rossoblu disputa solamente tre amichevoli estive prima che un illecito sportivo releghi il club ligure in Serie C1. Il 2 agosto 2005, anche a causa del mancato ambientamento in terra italiana,[la società ligure asseconda il suo desiderio di tornare in Argentina cedendolo a titolo definitivo al San Lorenzo per 1 milione e 200 000 euro. Con il San Lorenzo conquista il torneo di Clausura 2007. Poi l’approdo a Napoli e la consacrazione nel calcio europeo.

SCUGNIZZO NAPOLETANO – Lavezzi a Napoli è stato un idolo, uno dei primi giocatori a far ricordare (in alcune giocate e con le dovute proporzioni) Diego Armano Maradona. Velocità, imprevedibilità e quella ‘garra’ tutta sudamericana che esaltava il pubblico del San Paolo. Era uno degli ultimi a mollare in campo. Le sue lacrime dopo la vittoria della Coppa Italia nel 2012 contro la Juve all’Olimpico di Roma resteranno per sempre impresse nella memoria dei tifosi partenopei. Il Pocho piangeva perché sapeva che sarebbe andato via.
LA RAMANZINA DEL CAPO ULTRAS – Lavezzi amava Napoli. Viveva la città in modo viscerale. Arrivò con un look discutibile nel giorno della presentazione insieme alla bandiera Marek Hamsik. Poi col tempo è stato letteralmente adottato dai napoletani. Un affetto che il Pocho ha sempre ricambiato, forse con quella eccessiva generosità e un pizzico di ingenuità che l’ha poi portato a frequentare amicizie pericolose. A spiegare la vita mondana dell’argentino, nei mesi scorsi, è stato l’ex capo ultrà della Curva A, Gennaro De Tommaso, meglio conosciuto come ‘Genny ‘a carogna’, passato agli onori della cronaca per la tragica finale di Coppa Italia del 3 maggio 2014 tra Napoli e Fiorentina, quando a Roma venne ferito a colpi d’arma da fuoco un tifoso azzurro, Ciro Esposito, morto dopo oltre 50 giorni di agonia. In qualità di capo ultras, De Tommaso fu protagonista di un confronto prima del fischio d’inizio con il capitano del Napoli Marek Hamsik. Le immagini fecero il giro del web e nei giorni successivi i principali media si concentrarono su Genny ‘a carogna, lasciando in secondo piano l’agguato teso ai tifosi del Napoli che vide un ex capo ultras della Roma, Daniele De Santis (detto ‘Gastone’), poi condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per omicidio volontario.
De Tommaso, poi arrestato per vicende legate allo spaccio internazionale di stupefacenti, è diventato collaboratore di giustizia nei mesi scorsi e nel corso dei primi interrogatori con l’Antimafia ha ricostruito i rapporti gli stessi tifosi organizzati avevano con la società Calcio Napoli. De Tommaso ha ricordato la ‘ramanzina’ fatta a Lavezzi dopo averlo incontrato in una discoteca pericolosa: “Litigai con Lavezzi e il portiere Navarro, perché da vero tifoso ultras non vedevo di buon occhio il fatto che frequentavano una discoteca dove girava droga. Per questo litigio fui chiamato da Antonio Lo Russo di Miano, che era come un fratello per Lavezzi. Il Lo Russo mi minacciò fuori al bar, sulla via principale di Miano, dicendomi di lasciar stare Lavezzi, il quale ci faceva divertire giocando a calcio. Io, pur consapevole di chi fosse il Lo Russo, gli risposi che ragionavo diversamente da lui, perché ero un tifoso. Il giorno dopo raccontai tutto a Pierpaolo Marino, gli spiegai il fatto della discoteca, e fu lui a portarmi da Lavezzi, lì a Castelvolturno. Mi portò negli spogliatoi, al cospetto di Lavezzi, si fece la doccia, poi andammo nell’hotel Holiday Inn, sempre a Castelvolturno…Gli spiegai ‘guarda, che se l’ho fatto, l’ho fatto per te. Perché quella discoteca è una discoteca che non ti appartiene’. Gli feci capire la situazione e dopo diventammo amici”.
LA PLAY STATION COL BOSS – Nella sua esperienza napoletana non sono mancate le amicizie pericolose. Le indagini degli ultimi anni hanno fatto emergere il suo rapporto con Antonio Lo Russo, a capo dell’omonimo clan dei ‘Capitoni’, arrestato nel 2014 a Nizza dopo quattro anni di latitanza, iniziata qualche settimana dopo aver assistito a bordo campo all’ultima di quattro gare del Napoli con un pass da giardiniere.
Nel corso di un processo dove venne ascoltato come testimone, Lavezzi dichiarò di aver ospitato il boss nella sua villa di Posillipo dove giocavano spesso alla play station. Con ‘Tonino’ Lo Russo l’argentino comunicava con un telefono “dedicato”, intestato ad altri soggetti, soprattutto dopo il blitz del 2010 che diede inizio alla latitanza del boss. Lo stesso Lo Russo dal 2016 ha deciso di passare a collaborare con lo Stato ottenendo sconti di pena ‘grazia’ alla ricostruzione di numerosi omicidi e attività illecite che il suo clan, con roccaforte a Miano (periferia nord di Napoli), realizzò in quegli anni grazie anche alla collaborazione con gli Scissionisti di Secondigliano.
STRISCIONI PRO POCHO – Nel corso di un’audizione antimafia l’11 aprile 2017, il magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Enrica Parascandolo, ricostruì i rapporti di amicizia o di mera conoscenza che i giocatori azzurri avevano con persone legate alla criminalità organizzata. Nello specifico sottolineò che “Lavezzi chiese a Lo Russo di far esporre uno striscione nelle curve per chiedere la permanenza a Napoli. Antonio Lo Russo racconta come Lavezzi avesse interesse che la tifoseria esponesse uno striscione e si rivolse al lui per ottenere l’esposizione in entrambe le curve. In cambio ottenne che il Pocho non sarebbe mai andato a giocare in squadre italiane come Juve o Inter, cosa che poi è realmente accaduta”.

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