Il libro
Le Ragazze di Via dei Fiorentini, il mosaico di storie delle donne del Pci
“A Graziella Pagano… sempre un passo avanti” è la dedica di Le Ragazze di Via dei Fiorentini (oggi alle 17 a Napoli la presentazione alla Fondazione Chiaromonte, via Toledo 106), una dedica che racchiude il senso di sorellanza, di guida e di determinazione che si leggono nelle pagine del libro. Non una biografia di Graziella Pagano (storica dirigente e senatrice), scrive la stessa curatrice Giovanna Borrello, ma un coro di voci di giovani donne che tra gli anni ‘70 e ‘90 hanno militato nel PCI-PDS-DS a Napoli. Donne che ricordano e rivendicano ognuna un pezzo di storia vissuto con passione, tessere che messe le une accanto alle altre compongono il mosaico di esperienze delle donne di via dei Fiorentini, dove c’era la sede del partito, in pieno centro città.
Pubblicato da Liguori Editore, il libro raccoglie una serie di racconti che, seguendo il metodo femminista del “partire da sé”, mettono in primo piano la memoria individuale intrecciata a quella collettiva. Pagano è il filo conduttore, il legame profondo che unisce le ragazze (“un’autorità indiscussa” ma anche “un arbitro tra noi”), e la sua storia intreccia e amplifica le altre. Le parole delle autrici hanno spesso un tono affettuoso e nostalgico, ma senza rinunciare a una certa critica del PCI, partito che si considerava progressista, ma in cui non mancavano dinamiche maschiliste che spesso relegavano le donne a ruoli secondari o limitati alla “questione femminile”.
Dalle parole delle scrittrici emerge la dualità della loro esperienza, la “doppia militanza negli organismi di partito e in quelli delle donne”. Una militanza, quindi, all’interno del partito stesso che rafforzava i legami fra le ragazze, in una società ancora segnata da un “maschilismo atavico”: Borrello nella sua introduzione parla anche di divergenze sulle “quote di genere” nelle liste elettorali, “tra chi le osannava e chi invece le rifiutava”, come un compromesso. A via dei Fiorentini fu creata “la stanza tutta per sé”, una “spina nel fianco” in un partito che voleva l’uguaglianza ma in cui le ragazze si differenziarono volutamente (“Una vera provocazione!”).
Uno spazio nato dall’esigenza di autonomia e consapevolezza del movimento femminista dell’epoca, anche all’interno dei partiti di sinistra, “un’esperienza di disubbidienza e alterità politica”: la stanza, non “una” stanza (come invece vorrebbe il titolo del racconto di Virginia Woolf a cui il nome si ispira esplicitamente): un luogo fisico al primo piano di via dei Fiorentini. Un rifugio in quel rifugio che già era la sede del partito, in una Napoli presente e viva nelle pagine del libro. Dai “bassi” del lavoro nero, alle strade del Vomero con il primo consultorio nato grazie alla battaglia di Dolores Feleppa Madaro, la “pasionaria di Napoli”, Napoli orgogliosa e complessa emerge non solo come sfondo – e non lo è mai, nei libri o nei film – ma come un altro personaggio, anzi, un’entità da affrontare. E con cui anche le autrici hanno dialogato e combattuto.
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