Grazie al cielo i partecipanti italiani alla “Global March to Gaza” sono stati semplicemente fermati e deportati dalle autorità egiziane, come loro stessi denunciano, anziché passare per le torture del “rapimento” perpetrato dagli israeliani ai danni della ciurma in kefiah di Freedom Flotilla. Le immagini di Greta Thunberg finalmente libera, sottratta alle grinfie degli aguzzini dello Stato ebraico sull’onda dello sdegno internazionale per il barbaro e illegale trattamento che le avevano inflitto, hanno placato le ansie di un’opinione pubblica in trepidazione per la sorte di questa giovane donna che non assiste inerte alla devastazione dell’ecosistema di Hamas.

Altrettanta fortuna, drammaticamente, non assisteva un’altra ospite del naviglio di Freedom Flotilla, l’eurodeputata Rima Hassan (quella secondo cui gli israeliani addestrano i cani allo stupro dei palestinesi). La quale continuava a essere nelle mani dei rapitori dello Stato genocidiario nonostante la viva protesta dei nostri parlamentari democratici che, nelle fasi più drammatiche del rapimento, rivendicavano la protezione del diritto acquisito di un eletto a Strasburgo di violare un blocco navale disposto da un Paese in guerra.

Le autorità egiziane, che pure vanno un po’ per le spicce, non hanno dunque osato trattare i marciatori per Gaza secondo le selvagge modalità riservate a Greta e Rima. E si capisce. Questione di civiltà. Ed è questo il motivo per cui le politiche di confine dell’Egitto (la propaganda sionista racconta che Gaza confina anche con quel Paese) non suscitano riprovazione né quando sono lasche in un senso, facendo entrare armi in quantità a Gaza, né quando sono ferocemente ferree nel senso opposto, quando elevano un muro invalicabile che tiene inscatolati due milioni di “fratelli” palestinesi.

Inutile dire che non poteva mancare l’addebito a Israele di aver inammissibilmente istigato il gendarme egiziano a non far passare quelle pacifiche comitive. Un altro crimine per procura da parte del Paese che in modo capriccioso, e senza nessun motivo comprensibile, si dimostra riluttante all’idea che qualche altro migliaio di persone vada ad aggiungersi alla guarnigione di scudi umani di cui si avvale il terrorismo palestinese nella propria sacrosanta opera di resistenza.

In questo quadro di ragionevolezza ed equanimità di giudizio grandeggia, e diciamo che non era esattamente imprevedibile, una generale e ispirata istanza di pace che non ha tempo di indugiare su certi dettagli, a cominciare da quello relativo agli ostaggi israeliani di cui gli slogan dei marciatori inopinatamente non fanno menzione. Verosimilmente ritengono, come la citata Rima Hassan dichiarò sulla scena delle bare di Kfir e Ariel Bibas, che i predoni del 7 ottobre abbiano agito “legittimamente”. E tu vedi questi sionisti che vogliono tenerli alla larga.