Cultura
Lei mi parla ancora, il segreto dell’amore immortale sulle rive del Po
La riva destra del grande fiume che sommerge e disvela. Le parole del celebre commiato alla vita di Cesare Pavese a illuminare il mistero di un sentimento che rende immortali.
La Ferrara di Ludovico Ariosto a far da sfondo, quasi lontano, alle vite teneramente legate l’un l’altra di Giuseppe e della Rina, due figli del secolo scorso, autori di una storia d’amore universale e senza tempo.
Un connubio predestinato all’eternità, perciò trascritto in un grande libro Lei mi parla ancora, pubblicato da La Nave di Teseo e trasposto a sua volta in un bel film, messo in scena e diretto da Pupi Avati, in anteprima in questi giorni sugli schermi di Sky Cinema che ha anche coprodotto l’opera.
Giuseppe Sgarbi, scrittore esordiente a 93 anni, tra il 2014 e il 2018, anno della sua scomparsa, ha raccontato con delicata passione le storie di un farmacista sul greto del Po.
Ro Ferrarese, dove tuttora sorge l’antica farmacia della famiglia Sgarbi, è il palcoscenico suggestivo: quegli spazi nelle campagne estensi dove tutto sembra distante e disperso nella nebbia e nelle atmosfere degli inverni padani, innevati e gelidi, nel bel mezzo del Novecento.
Avati, probabilmente è il regista che meglio di chiunque altro poteva ed è riuscito a cogliere e trasformare in immagini le ambientazioni tardoromantiche, tra il gotico e la balera (dove fanno capolino pure gli Extraliscio), il tutto innestato al meglio nella casa-museo creata dalla passione per l’arte della famiglia Sgarbi-Cavallini, dove il flusso di memorie immortali trova compimento.
Suggestivo l’intreccio di emozioni, recitato magistralmente, ciascuno calato benissimo nel proprio ruolo, degli interpreti: dall’ormai 80enne Renato Pozzetto che si rivede dopo anni, protagonista (e esordiente anche lui) in un ruolo non comico, Stefania Sandrelli nei panni della Rina da anziana e Fabrizio Gifuni, interprete di un tormentato e affascinante ghost-writer incaricato di raccogliere i racconti di Giuseppe Sgarbi.
Lo scorrere delle acque inesauste è il testimone infinito del trascorrere delle vite di Giuseppe, Rina, Paolo (Alessandro Haber nel film) il fratello di lei morto giovane ma sempre vivo nelle illuminazioni dell’apotecario narratore, colte con la ormai ben nota sagacia editoriale, condita in questo caso anche dal punto di vista ancor più unico di figlia, da Elisabetta Sgarbi, cofondatrice con Umberto Eco della casa editrice La Nave di Teseo, interpretata nel film con apprezzabile cura da Chiara Caselli.
Il corposo volume che l’altro figlio di Giuseppe, il critico d’arte e deputato Vittorio Sgarbi ha voluto donare al premier incaricato Mario Draghi nel corso delle recenti consultazioni, appare trattato dallo sceneggiatore col rispetto che si deve a una lettura che rimane necessaria e, guardando il film, viene ancor più voglia di compiere proprio per completare la visione e provare a cogliere ulteriormente, nel fascino mai risolto del non-finito letterario e artistico, “il segreto degli ombrelli che si aprono nelle notti sul Po quando vai sull’argine e ti nascondi alla strada”.
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