Gianni Lettieri dice addio all’Unione industriali di Napoli. Della serie c’eravamo tanto amati… «Questa mattina ho rassegnato le mie dimissioni dall’Unione Industriali di Napoli- ha annunciato il presidente di Atitech – Una decisione meditata a lungo e presa in modo sofferto avendo dedicato all’associazione tempo e impegno, nel periodo della mia presidenza, per dare risposte ai problemi degli imprenditori e del territorio». Lettieri ha guidato l’Unione industriali di Napoli dal 2004 al 2010 (nella storia dell’ente è l’unico ad aver ricoperto la presidenza per sei anni consecutivi) e proprio per questo appare strano, a tratti contraddittorio, che ora prenda le distanze da un mondo di cui non solo ha fatto parte ma del quale ha contribuito a scrivere regolamenti e modus operandi.

«Non si tratta di un gesto contro le persone – ci ha tenuto a precisare il presidente di Atitech – semplicemente, non mi riconosco nel modello e nella visione che l’Unione vuole imporre. Noto infatti con dispiacere che monta una crescente disaffezione da parte delle imprese di fronte ai messaggi che ricevono». Lettieri si sente già altrove, lontano dal modello e dalla visione di chi fa parte dell’Unione. Ma una domanda sorge spontanea: se secondo Lettieri l’Unione ha perso di vista la sua funzione principale, cioè stare accanto agli imprenditori, perché non partecipare e provare a cambiare le condizioni dell’imprenditoria cittadina che si muove su un terreno economico sempre più arido?

Dopotutto, non deve nemmeno più fare fronte al suo impegno politico, nel 2017 non diventò sindaco e all’epoca rifiutò anche di sedere tra i banchi dell’opposizione. Poteva contribuire allo sviluppo del tessuto imprenditoriale della città, e poi conosce forse meglio di chiunque altro i modelli, gli ingranaggi e gli intrighi di Palazzo Partanna. «Oggi assistiamo a liti incomprensibili e allontanamenti arbitrari – ha detto ancora Lettieri – E dopo l’interregno di un presidente poco rappresentativo della realtà locale mi sarei aspettato un esponente del mondo manifatturiero per il rilancio della nostra industria e dell’occupazione». Invece, forse da lui ci si sarebbe aspettato un mea culpa, sei anni alla guida dell’Unione Industriali sono tanti e se a oggi la nuova generazione di imprenditori che ne fa parte non è all’altezza delle aspettative, la colpa è anche sua. Sua e dei suoi predecessori. Ma a quanto pare le dimissioni sembrano essere l’unica risposta a questa condizione, vedremo cosa accadrà… per il momento uno dei capitani della nave, ha abbandonato l’equipaggio.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.