Il caos
L’informatizzazione del processo: il portale e le trappole per gli avvocati, la lotteria del deposito atti e l’inciampo formale

Solo pochi giorni fa un autorevole Tribunale della Libertà ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame di un assai importante sequestro preventivo, solo perché il sistema operativo della cancelleria non “leggeva” la firma digitale apposta dal difensore. Il quale ultimo dimostrava, addirittura con una consulenza tecnica, che la sua firma era stata regolarmente apposta, chiedendo – e qui per fortuna ottenendo – una “remissione in termini” per poter riproporre l’istanza. Qualche mese fa una sentenza della prima sezione penale della Cassazione ha statuito la inammissibilità di un ricorso, avendolo il difensore trasmesso sì ad un indirizzo pec della sezione della Corte di Appello che aveva pronunziato la sentenza impugnata, ma non all’indirizzo pec specificamente dedicato alla ricezione delle impugnazioni.
Il portale e le trappole per gli avvocati
In tutti i Fori italiani gli avvocati sono chiamati a misurarsi quotidianamente con una serie infinita di trappole analoghe, spesso frutto di estemporanee interpretazioni regolamentari di questo o quel cancelliere o, peggio ancora, di occasionali e stravaganti malfunzionamenti tecnici del Portale, come potrete leggere nel dettaglio in questo numero di PQM. L’avvio del c.d. processo telematico non poteva essere più disastroso, al punto che in tutta Italia i capi degli uffici, con stizziti provvedimenti autarchici, ne hanno unilateralmente sospeso la operatività, seppure stabilita per legge. Tuttavia, in questo caos davvero indecoroso, si staglia netta una ideologia autoritaria, di schiettissima matrice inquisitoria, in ragione della quale si è intanto stabilito un doppio regime di accesso al Portale: uno “interno” riservato a PM e Giudici, ed uno “esterno”, riservato agli avvocati. I quali ultimi, in sostanza, non possono usare il Portale per altro che per depositare i propri atti, vedendosi preclusa invece la possibilità di accedere al fascicolo telematico.
La lotteria del deposito atti
Siamo, noi avvocati, soggetti “esterni” al Portale, dei paria che possono tutt’al più partecipare alla lotteria del deposito atti, incrociando le dita, e nulla più. Questa miserabile realtà è la prova provata di quanto sia radicata nella cultura giuridica di questo Paese la secolare idea inquisitoria del processo, secondo la quale i padroni di casa, nei Palazzi di Giustizia, sono Pubblici Ministeri e Giudici, mentre gli avvocati sono ospiti, nemmeno graditissimi, ai quali deve essere consentito di impicciarsi il meno possibile. Ed anzi, facciano attenzione a non commettere errori nel depositare i propri atti, e a non incappare in qualche bizzoso cancelliere o in qualche sistema operativo che non ti riconosce la firma, perché la mannaia della inammissibilità sarà pronta a scattare, implacabile.
L’inciampo formale
Una cultura inquisitoria che anzi, da questo punto di vista, si è addirittura aggravata. Fino a qualche anno fa, infatti, vigeva incontestato, nel nostro sistema processuale, il principio del cosiddetto favor impugnationis, in forza del quale il giudice era impegnato, ovviamente nei limiti del possibile e del ragionevole, a sanare eventuali irregolarità o errori nel deposito di un atto di appello o di un ricorso per Cassazione, considerato che questi atti sono la più delicata esplicazione del fondamentale diritto dell’imputato ai successivi gradi di giudizio. Se il difensore fa scadere il termine dell’impugnazione, non c’è nulla da fare; ma se l’atto viene depositato nell’ufficio sbagliato – si diceva – conta ovviamente la volontà di impugnare, che va tutelata regolarizzando l’inciampo formale, così salvaguardando quel fondamentale diritto dell’imputato.
Oggi accade il contrario, anzi sembra che non si veda l’ora di poter falcidiare gli atti di impugnazione al primo inciampo tecnico, per implementare le statistiche dei procedimenti evasi. E il problema, credetemi, si fa ogni giorno più serio. Buona lettura!
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