Non è la prima volta che la Repubblica islamica arresta, per meglio dire rapisce, cittadini stranieri, soprattutto giornalisti stranieri o con doppio passaporto. Lo fa, come è ben noto, dal 1979, in una sorta di “diplomazia degli ostaggi” che sistematicamente mette in atto ogni qual volta voglia ottenere dei benefici diplomatici o materiali. Venerdì 27 dicembre, il Ministero degli Esteri italiano ha annunciato ufficialmente la notizia dell’arresto della giornalista Cecilia Sala.

L’iraniano arrestato a Malpensa

L’arresto di Sala è avvenuto alcuni giorni dopo che i media italiani avevano riportato la notizia dell’arresto avvenuto all’aeroporto Malpensa di Milano, di Mohammad Abedini Najafabadi, un cittadino iraniano di 38 anni ricercato dagli Stati Uniti. Lunedì 16 dicembre, Abedini Najafabadi aveva preso un volo diretto da Istanbul a Milano, era accusato di aver fornito componenti elettronici per la fabbricazione di armi da guerra, come i droni del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica, oltre che di aver fornito sostegno finanziario al terrorismo. Contemporaneamente gli Stati Uniti avevano arrestato un altro cittadino iraniano-americano di nome Mehdi Mohammad Sadeghi di 42 anni.

Poco dopo, il Ministero degli Esteri della Repubblica islamica aveva convocato sia l’ambasciatore italiano a Teheran sia l’incaricato d’affari degli Usa in Svizzera per protestare contro tali arresti. Il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti aveva accusato Abedini Najafabadi e Mehdi Mohammad Sadeghi di aver trasferito illegalmente tecnologia sensibile all’Iran. La Repubblica islamica ora sta tentando di fare pressione sui governi stranieri affinché soddisfino sue richieste prendendo in ostaggio cittadini stranieri.

Ora Cecilia Sala è in isolamento nel famigerato carcere di Evin, la prigione degli uomini illustri, come è definita dagli oppositori iraniani perché in quelle segrete è rinchiusa l’intellighentia del paese. Da quando si è insediata la presidenza Pezeshkian, la repressione contro media e giornalisti è terribilmente aumentata. Infatti il governo Pezeshkian, eterodiretto da Khamenei, ha sviluppato in questi ultimi mesi un modello di repressione della libertà di espressione che prevede un controllo asfissiante, 24 ore su 24, del comportamento quotidiano dei cittadini iraniani e 78 media e centinaia di giornalisti, solo negli ultimi tre mesi, hanno subito minacce, intimidazioni e torture.

La repressione con il nuovo presidente ‘riformista’…

Molti sono i casi di rapimenti di cittadini stranieri avvenuti recentemente, come quello di Ruhollah Zam, cittadino francese, rapito, torturato e costretto a false confessioni alla Tv iraniana, prima di essere impiccato. Jamshid Sharmahd, con passaporto americano, è stato recentemente ucciso in un carcere in Iran, era uno dei circa 20 cittadini stranieri incarcerati dalla Repubblica islamica, che gli attivisti per i diritti umani descrivono come “ostaggi”, per ottenere come dicevamo concessioni dall’Occidente. Nel famigerato carcere di Evin sono rinchiusi cittadini francesi, statunitensi, del Regno Unito, di Svezia, della Germania, del Belgio e di tanti altri paesi. Soprattutto da quando è scoppiata la rivoluzione dei giovani, il regime versa in gravi difficoltà e ricorre a una violenza inaudita e brutale e ha bisogno, se non dell’assenso, del silenzio della comunità internazionale. Gli stranieri arrestati sono di fatto presi in ostaggio per essere utilizzati per ottenere il silenzio dei governi occidentali sul loro orribile operato.

Servono da una parte per alimentare la propaganda interna secondo la quale tali persone sarebbero al servizio di agenti stranieri, in particolare americani e israeliani che complotterebbero contro la Repubblica islamica che li etichetta come spie e dall’altro vengono utilizzati come merce di scambio nei rapporti con i loro rispettivi paesi. Ciò evidenzia il fatto che per Teheran nessuno oppositore è al sicuro sia in Iran che fuori dal paese, neanche sotto la nuova presidenza di Pezeshkian, insediatosi nel luglio 2024. Inoltre i pasdaran stanno reclutando adolescenti tramite app di messaggistica istantanea come Telegram, WhatsApp e TikTok per addestrarli a colpire obiettivi israeliani in Europa.

Le tariffe per gli attacchi

Secondo un rapporto pubblicato da Bloomberg, sabato 21 dicembre, il denaro pagato a individui assoldati dalla Repubblica islamica per un omicidio ammonta a circa 1.500 euro, mentre, ad esempio, la tariffa per un attacco a un distributore di benzina potrebbe essere di 120 euro. Pezeshkian è uno dei padri della legge sull’hijab, durante gli anni dei suoi studi universitari era a capo di gruppi di fondamentalisti che accoltellavano le donne senza velo. Ora Pezeshkian è un burattino nelle mani di Khamenei, un fondamentalista antisemita, apertamente pro Hezbollah e pro Hamas e, come tutti gli altri suoi predecessori, è favorevole a un Iran nucleare. Ora è stato costretto a bloccare (momentaneamente) il varo della legge che inasprisce il codice di abbigliamento perché teme l’esplosione di una rivolta popolare come quella del 2019-20. Il regime sta per innalzare ulteriormente il prezzo della benzina e dunque cerca così di disinnescare una potenziale protesta nazionale che potrebbe rappresentare un duro colpo per la Repubblica islamica. Le autorità iraniane infatti vogliono evitare una saldatura delle istanze del movimento “Donna, Vita, Libertà” con quelle economiche, con gli strati più vasti della popolazione, con i lavoratori del commercio, dell’imprenditoria, ecc. e dunque, per mera strategia, hanno ritirato la legge che inasprisce l’obbligo dell’hijab.