Lucia Bartolomeo è all’ergastolo da circa 13 anni, accusata di aver ucciso suo marito Ettore Attanasio, ma adesso potrà lavorare fuori dal carcere negli uffici della Procura di Lecce, che all’epoca indagò sulle sue responsabilità. Lucia, che si è sempre detta innocente, ha potuto beneficiare della legge sull’ordinamento penitenziario che consente ai detenuti di lavorare fuori dal carcere avendo scontato, almeno, dieci anni di detenzione.

LA VICENDA – La vicenda risale al maggio 2006. Ettore Attanasio, fabbro di 34 anni, morì nella casa in cui viveva a Taurisano con moglie e figlia di pochi anni. All’inizio si pensò a un caso di morte naturale perchè Lucia aveva detto che il marito era affetto da tumore. Ma un’ infermiera del 118 accese il sospetto: disse ai colleghi che tornavano da Taurisano, dopo aver accertato la morte di Attanasio, che di quel tumore dichiarato dalla moglie di Attanasio non c’era alcuna diagnosi documentata. A seguito di un esposto il cadavere di Attanasio fu riesumato e sottoposto per la prima volta ad autopsia ed esame tossicologico. Dall’esame risultò che nel corpo dell’operaio c’erano tracce di una dose di circa 70 mg di eroina, una quantità massiccia che, secondo gli addetti ai lavori, ne aveva causato la morte nel sonno. I sospetti caddero immediatamente sulla moglie infermiera che proprio nei giorni che avevano preceduta la tragedia aveva fatto delle flebo al marito. Bartolemeo, che all’epoca lavorava in una casa di cura per malati mentali, venne indagata per aver somministrato al marito farmaci che lo stavano avvelenando e successivamente arrestata con l’accusa di omicidio.

IL MOVENTE – Dalle indagini risultò che Lucia avrebbe ucciso il marito per potersi rifare una vita con l’amante, il suo collega Biagio Martella, senza dover rinunciare all’affido della figlia e senza perdere benefici economici. A incastrare la donna furono i messaggi che scrisse all’amante.  Alcuni mesi prima del decesso, Lucia scriveva a Biagio di un crescente malessere fisico del marito, culminato, secondo i messaggi mandati dalla Bartolomeo al Martella, la notte del 30 maggio, quando il marito sarebbe sprofondato in uno stato di pre-coma. “Questione di ore”, avrebbe scritto la donna mentre il marito moriva nel sonno.

LA CONDANNA – La Cassazione confermò a Lucia l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dall’aver agito col mezzo di sostanze venefiche e nei confronti del coniuge, e quindi fu condannata all’ ergastolo. La procura per l’infermiera di Lecce, aveva chiesto 24 anni di carcere. Dopo la condanna, Lucia Bartolomeo ha perso la patria potestà sulla figlia, alla quale ha dovuto versare un risarcimento come parte lesa nel processo sull’omicidio del marito. Continua a dirsi innocente.

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