Riuscire a maneggiare due guerre – Ucraina e Medioriente – una crisi come quella tra Serbia e Kosovo per non parlare di Armenia e Azerbaijan. L’Europa – senza esercito, senza veri confini e a più voci in politica estera – prova a cercare un ruolo e una leadership nel complesso quadro geopolitico che si sta muovendo ai confini dei 27. È l’obiettivo non scritto ma necessario del Consiglio europeo che si è aperto ieri pomeriggio al quinto piano dell’Europa building. “L’Europa deve assumere un ruolo prioritario per garantire l’accesso umanitario a Gaza”, l’auspicio della premier Meloni arrivando all’Europa building, sede del vertice. L’attacco di Hamas e la reazione di Israele, il rischio dell’escalation e dell’allargamento del conflitto, sono stati in pratica l’unico tema in agenda della prima giornata di lavori.

C’era molta attesa, a Washington come a Tel Aviv, per le Conclusioni finali dell’EuCo. Negli ultimi giorni infatti si è aperta una frattura tra la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e l’Alto rappresentante, il ministro degli Esteri Borrell e il presidente del Consiglio Michel. La presidente ha dichiarato il sostegno “senza fine” a Israele e al fianco degli Stati Uniti. La stessa linea che ha adottato con l’Ucraina ormai un anno e mezzo fa. E però il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e il commissario Borrell si sono infastiditi per queste “fughe in avanti” e hanno frenato proponendo il “cessate il fuoco” poi mitigato in “finestre” e “una pausa” all’imminente attacco di terra e agli attacchi missilistici in corso ormai da venti giorni. “Von der Leyen non ha il mandato per decidere”, hanno detto fotografando una frattura netta nell’Europa dei 27. La discussione in Consiglio è andata avanti fino a notte fonda. Una delle ultime bozze circolate propongono una sacrosanta mediazione tra le due anime. Nelle conclusioni finali, che saranno note solo oggi, i leader dei 27 si avviano ad inserire nel testo il termine “pause umanitarie”. Dunque non si parla di “cessate il fuoco” o “pausa” e neppure le “finestre” di cui avevano parlato Michel e Borrell in linea con la posizione di Guterres e delle Nazioni Unite (prima della scivolata in difesa di Hamas e delle sue “buone ragioni”). La strada è una soluzione dove diplomazia e mediazione devono restare la prima opzione.

“Il Consiglio europeo – si legge nell’ultima bozza circolata – esprime la massima preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza e chiede un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli e che gli aiuti raggiungano chi ne ha bisogno attraverso tutte le misure necessarie, compresi i corridoi e le pause umanitarie”. La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola non ha avuto dubbi nel definire Hamas “una organizzazione terroristica che deve essere fermata. Ciò detto è cruciale il modo in cui Israele deciderà di rispondere e questo deve avvenire nel rispetto del diritto umanitario e valutando le conseguenze umanitarie”. Pedro Sanchez, il premier spagnolo incaricato di formare un nuovo governo dopo una crisi che va avanti da maggio e alla guida del semestre europeo, è andato oltre e ha proposto “una conferenza di pace per il Medio Oriente entro sei mesi”. La conferenza dovrà coinvolgere tutta la comunità internazionale per arrivare “definitivamente” alla soluzione dei due Stati. Non solo: se Israele ha il riconoscimento della maggioranza dei Paesi, “quello che deve essere riconosciuto è senza dubbio il popolo palestinese”. La premier Meloni condivide l’approccio del Consiglio. “Credo – ha detto – che uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione Palestinese, dare maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese. Questo è un ruolo che l’Ue può giocare e sicuramente una delle grandi chiavi di volta nel medio periodo”. Ha poi ribadito al tavolo ciò che ha detto l’altro giorno al Parlamento italiano: “È necessario svelare il bluff di Hamas a cui non interessa affatto la nascita dello stato palestinese e meno che mai la difesa del popolo palestinese. Il vero obiettivo di Hamas è allargare il conflitto, spingere gli altri paesi dell’area, a cominciare dall’Iran, in un conflitto permanente e cancellare Israele”.

Definito in questo termini il dossier Medioriente, la riunione ha avuto all’ordine del giorno la guerra in Ucraina fatalmente passata in terzo piano in queste settimane. Alla presenza di Zelesnky, collegato, il Consiglio ha ribadito aiuti, sostegno e gli step per l’ingresso nell’Unione europea. “Nessuna indecisione, nessuna incertezza, avanti fino alla fine e come sempre”, hanno rassicurato von der Leyen e Michel. Unica nota stonata il solito Orban. Per il leader ungherese la preoccupazione circa il conflitto in Israele è che “l’instabilità nell’area porterà ulteriore flusso di migranti”. “Non sosteniamo questo tipo di politica migratoria (l’immigrazione era l’altro dossier all’ordine del giorno, ndr) e non vogliamo fornire denaro ai migranti. Né vogliamo stanziare fondi per l’Ucraina a meno che non riceviamo una proposta molto valida”. Del resto “se tengo aperti i canali diplomatici con Mosca (ad esempio la stretta di mano con Putin, ndr) è proprio perché coltivo una strategia di pace per l’Ucraina”. Fonti del consiglio Ue hanno fatto trapelare, a margine della riunione, che Orban sta diventando “sempre di più un problema che va presto discusso e risolto”. Difficile che ciò avvenga prima delle elezioni del prossimo giugno. Così come è un problema il neo premier slovacco Robert Fico, il socialista filoPutin e amico di Orban. Per il suo “esordio” a Bruxelles ha deciso di presentarsi con un pacchetto che prevede lo stop all’invio di armi all’Ucraina e nessuna sanzione contro la Russia specie se dovesse danneggiare la Slovacchia. Meloni, Macron e Scholz hanno avuto un incontro a margine con il presidente serbo Alexander Vucic e del Kosovo Albin Kurti chiedendo “l’immediata ripresa del dialogo tra i due paesi”. L’Europa non può permettersi il lusso di un terzo conflitto alle porte. Che, tra le altre cose, allontanerebbe per sempre l’ingresso dei due paesi nell’Unione.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.