La vera opposizione negli Stati Uniti si conferma la magistratura. Questa volta, però, la sentenza non riguarda solo il Paese a stelle e strisce ma in pratica tutto il mondo. Definendoli illegali, i tre giudici della Us Court of International Trade hanno stabilito che la legge invocata dal presidente per imporre le tariffe non gli conferisce l’autorità per farlo. L’ira della Casa Bianca è immediata. Prima il vicecapo dello staff Stephen Miller ha parlato di un “colpo di Stato giudiziario fuori controllo”, poi un portavoce di Pennsylvania Avenue ha denunciato la decisione. “Non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare adeguatamente un’emergenza nazionale – ha detto – Il presidente Trump si è impegnato a mettere l’America al primo posto e l’amministrazione si impegna a utilizzare ogni leva del potere esecutivo per affrontare questa crisi e ripristinare la grandezza dell’America”.

Un vero e proprio scontro all’arma bianca di cui in Italia sappiamo qualcosa, viste le continue “scaramucce” tra i governi e il potere giudiziario. Questo caso, però, travalica i confini degli Stati Uniti e interessa tutti i Paesi che sono stati sconvolti dallo “tsunami” di Trump e dalla sua furia di imporre tariffe aggiuntive ai partner commerciali.

L’intervento giudiziario è stato accolto in maniera contrastata dalle Borse europee, che chiudono la settimana in territorio tendenzialmente positivo. Al di là della questione strettamente legale che sarà risolta, con ogni probabilità, dalla Corte Suprema, l’intervento dei magistrati federali concede più tempo anche all’Europa per trovare un accordo con l’amministrazione americana. Secondo molti analisti, la pronuncia rafforza la posizione di chi vede nell’attivismo di Trump un andare oltre i poteri assegnati dalla Costituzione, e soprattutto dà un assist ai partner commerciali americani.

Le tariffe aggiuntive proposte da The Donald hanno terremotato la globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta fino al 2 aprile scorso, giorno del “Liberation day” nel quale la Casa Bianca ha annunciato l’introduzione di dazi reciproci con tutti i Paesi nel mondo. Non solo. Nelle scorse settimane, Trump non ha mollato la presa. Sebbene abbia poi sospeso i provvedimenti adottati, ha stigmatizzato il comportamento dell’Europa minacciando tariffe al 50% oltre che mantenere altissima la tensione con la Cina.

Secondo le previsioni della Federal Reserve, la Banca centrale americana, le probabilità di una recessione a Washington sono molto alte e superano oramai il 50%. Il tutto avviene a causa dell’improvvisa virata verso il protezionismo voluta dalla Casa Bianca. Dalle parti di Trump, infatti, hanno dimenticato che le maggiori corporation americane producono all’estero ciò che importano a basso costo nel Nord America. L’idea di trasferire tutte le produzioni industriali in poco tempo e in cambio di forti sconti fiscali è pura utopia. Tutti sanno che ci vorrà del tempo. Intanto, i dazi sono sospesi e l’incertezza domina sui mercati.

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