Quello che si fa a Capodanno, si fa per tutto l’anno. O almeno così recita il famoso detto usato per la notte di San Silvestro. Per una fine anno che si rispetti, non può certo mancare la continuità con le festività natalizie per concludere in bellezza i 365 giorni appena trascorsi. Infatti, ci sono una serie di superstizioni da rispettare per fare in modo da non rovinare l’auspicio di un buon anno nuovo. La tradizione culinaria fa sicuramente tra queste, soprattutto quella napoletana.

Se nei giorni del 24, 25 e 26 dicembre per le festività di Natale si va dal pesce alla carne passando per la minestra, nel cenone del 31 dicembre tutto è concesso. Anche per questa serata, la tavola imbandita di pregevoli prelibatezze è accompagnata da ornamenti gastronomici e non che respirano ancora aria natalizia. Si parte da antipasti misti fino ad arrivare a dolci e flotti di champagne rigorosamente accompagnati da botti e bengala per prepararsi al meglio alla mezzanotte.

IL MENU’ DI CAPODANNO – Anche se la tradizione va rispettata, dare adito ai propri gusti e fantasia è una delle concessioni che il cenone di Capodanno regala. Sulle tavole napoletane le danze si aprono con antipasti di mare, il pesce come nella Vigilia di Natale è il re della prima portata: polpo all’insalata, gamberoni e alice marinate sono quelli prescelti.

Ma si sa che gli usi e i costumi sono in fondo quelli che uniscono, per questo non può mancare una tradizione tutta italiana: il celebre cotechino con le lenticchie. In particolare, questo piatto è legato alla legenda di buon auspicio e soprattutto alla speranza di un anno nuovo pieno di soldi. Si narra, infatti, che nell’antica tradizione romana venisse regalata una borsa di cuoio contenente lenticchie, con l’augurio che i legumi si trasformassero in denaro. Anche chi non ne va particolarmente ghiotto, guai a non mangiarli nella notte di Capodanno!

La freschezza del pesce, però, accompagna soprattutto il primo piatto, con spaghetti ai frutti di mare, vermicelli con vongole o il gamberone, rigorosamente mostrato nel piatto in tutta la sua maestosità. Così come il cenone del 24 dicembre, anche in questa occasione i secondi piatti sono a base di pesce e non possono mancare l’aragosta, l’orata, il capitone e il baccalà, cucinati fritti, al vapore o al forno a seconda delle proprie preferenze. La tradizione partenopea di per se vuole che la frittura sia la cottura regina, ma nella notte di Capodanno tutto è permesso. Infatti la frittura di paranza è un must, mangiata rigorosamente calda.

Per “aggiustare la bocca”, come si dice a Napoli non si può rinunciare al contorno di broccoli al limone e l’immancabile insalata di rinforzo. Di questa pietanza esistono diverse varianti e ogni famiglia ha la propria, ma l’elemento che contraddistingue l’insalata di rinforzo partenopea sono le ‘papaccelle’, i tipici peperoni campani rossi e tondi. Prima di passare ai dolci non può mancare la frutta secca, composta da prugne secche, fichi secchi, nocciole e noci rigorosamente servite nel cesto insieme allo schiaccianoci. Una delle tipiche scene comiche sulle tavole napoletane è proprio dovuta ai litigi per lo schiaccianoci, di solito in numero sempre inferiore al numero dei commensali.

Per concludere, in attesa dello scoccare della mezzanotte, la tradizione partenopea vuole che gli struffoli facciano da padrona sulla tavola del cenone, accompagnati dai tipici roccocò, mustaccioli, susamielli, pasta di mandorle, pandoro e panettone. Anche se questa conclusione di serata è in realtà condivisa dalla maggior parte delle tavole italiane che vedono torrone, pandoro e panettone, sia gastronomico che dolce riempito con creme di mascarpone o cioccolata, dominare anche il menù di San Silvestro. Oltre che calici di spumante e champagne per il fatidico brindisi celebrativo dell’anno che verrà.