Ambiente
Metano, l’Europa non può arretrare sulla diminuzione delle emissioni: il rischio adesso è la deregolazione
Il Coreper torna indietro sull’attuazione del Regolamento europeo per la riduzione della diffusione del CH4. Una scelta che scarterebbe una delle misure più efficienti contro il cambiamento climatico, oscurando il ruolo della Ue a favore dell’ambiente

L’11 giugno il Coreper (Comitato dei Rappresentanti Permanenti) ha discusso una bozza di conclusioni del Consiglio Europeo del 16 giugno. Tra le ipotesi, quella di riconsiderare l’attuazione del Regolamento europeo per la riduzione delle emissioni di metano nella filiera Oil & Gas, inserendola nell’iniziativa denominata “Energy Omnibus”. Sarebbe un errore, un passo indietro su uno dei crinali più delicati della transizione: la gestione efficiente e sostenibile dell’energia. Confondere semplificazione con deregolazione rischia di indebolire sia la competitività che la trasparenza.
Il Regolamento europeo sul metano, approvato nell’agosto 2024 e ancora in fase di implementazione (l’Italia è in ritardo), si basa su buone pratiche industriali, tecnologie già disponibili, e prevede gradualità, flessibilità e passaggi adattivi già impostati, risolvibili con atti delegati. Rinunciarvi significherebbe accantonare una misura utile, già pronta, che promette risparmi immediati, maggiore efficienza e valore reputazionale per le imprese. Il metano (CH4), ricordiamolo, ha un potenziale di riscaldamento globale oltre 80 volte superiore a quello della CO2 su scala ventennale. Ridurne le perdite e le emissioni fuggitive è una delle azioni più rapide ed efficaci per rallentare il cambiamento climatico. È normale che, tra i Paesi UE, emergano posizioni diverse.
Ma se tutti riconoscono al gas un ruolo di stabilizzazione nella transizione, allora è fondamentale contenerne gli impatti. Non si tratta solo, naturalmente, di sostenere le rinnovabili, ma anche di evitare gli sprechi, valorizzare ogni molecola e ridurre le esternalità negative. È una questione di credibilità per le istituzioni europee, di coerenza e di affidabilità verso gli investitori. Lo ha evidenziato anche Il Riformista nel suo ultimo speciale dedicato all’energia: la riduzione delle emissioni di metano, soprattutto dal settore oil & gas, rappresenta una leva chiave per estendere la decarbonizzazione. Le mappe dell’IMEO (International Methane Emissions Observatory), iniziativa dell’UNEP, mostrano la portata globale del problema, evidenziando aree e bacini dove le perdite sono ingenti ma sempre più tracciabili, anche via satellite. Il futuro può essere quello delle dispersioni di gas come dieci anni fa. Al Global Methane Pledge aderiscono 159 Paesi, 150 aziende che fanno parte dell’Oil and Gas Methane Partnership 2.0 e 55 firmatari provenienti da oltre 100 Paesi che rappresentano il 45% della produzione mondiale di petrolio (o il 39% della produzione mondiale di petrolio e gas).
Chi ha ottenuto il Gold Standard di monitoraggio e rendicontazione rappresenta oggi un modello per la regolazione europea. Il Regolamento diventerà uno standard comune ed espansivo. Perché respingere standard sui quali le imprese investono da tempo in tutto il mondo? Rinviare la “codificazione” di questi criteri per l’Europa significherebbe, come già accaduto negli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump, rinunciare a una leva strategica: quella della competitività tecnologica e ambientale. Secondo l’Environmental Defense Fund “L’impatto del Regolamento dipende in larga misura da solide disposizioni in materia di importazioni: indebolirle ora limiterebbe l’influenza globale dell’Europa in un momento critico”. Un segnale di debolezza danneggerebbe non solo gli obiettivi climatici dell’UE, ma anche la sua leadership nel Mediterraneo e in Africa. Come primo importatore mondiale di combustibili fossili, l’Europa ha il potere – e il dovere – di orientare, con la cooperazione, anche i Paesi esportatori verso pratiche sempre più responsabili.
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