Una preventiva domanda di autorizzazione alle autorità prima di procedere in soccorso dei migranti in mare. E’ il decreto emesso lo scorso 14 settembre dal Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico che ha come oggetto “il trattamento speciale delle organizzazioni internazionali e non governative nella zona libica di ricerca e salvataggio marittimo”. La Libia chiede alle Ong di presentare periodicamente tutte le informazioni necessarie relative ai loro interventi di salvataggio. Ne dà notizia Repubblica nel giorno in cui il Riformista torna in edicola e online e il direttore Piero Sansonetti racconta la paradossale vicenda della Ocean Viking e dei 104 migranti a bordo dal 18 ottobre scorso in attesa di un attracco sicuro.

Il decreto prevede che i naufraghi salvati non possano essere portati in Libia ed è composto da 19 articoli che forniscono disposizioni “a tutte le organizzazioni governative e non governative impegnate nella ricerca e salvataggio marittimo”.  Le navi umanitarie devono  “lavorare sotto il principio di collaborazione e supporto, non bloccare le operazioni di ricerca e salvataggio marittimo esercitato dalle autorità autorizzate dentro l’area e lasciare la precedenza d’intervento”.

L’articolo 12 – scrive Repubblica che ha consultato il documento tradotti dall’ufficio immigrazione Arci – è il più contraddittorio perché a fronte di una rivendicazione di coordinamento assoluto degli interventi di soccorso nella sua zona Sar, prescrive che “i naufraghi salvati dalle organizzazioni non vengono rimandati nello stato libico tranne nei rari casi eccezionali e di emergenza”. Alle Ong viene anche richiesto di “non mandare alcuna comunicazione o segnale di luce per facilitare l’arrivo d’imbarcazioni clandestine verso di loro“. Le sanzioni prevedono il sequestro delle imbarcazioni: “Tutte le navi che violano le disposizioni del presente regolamento verranno condotte al porto libico più vicino e sequestrate. E non verrà più concessa alcuna autorizzazione”.

 

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