La sua carriera da manager resterà per sempre legata ai 25 anni passati in Fiat, dal 1974 al 1998, dove è stato amministratore delegato e presidente, vero “braccio destro” di Gianni Agnelli. Cesare Romiti è morto oggi a 97 anni, compiuti lo scorso 24 giugno, dopo aver fatto la storia dell’economia italiana.

Nato a Roma nel 1923, Romiti si laurea in Economia nel 1945 e arriva a Torino nel 1974, dopo anni trascorsi tra incarichi presso istituti bancari italiani e stranieri e diverse esperienze in aziende a partecipazione statale, dall’Alitalia a Italstat.

Il suo nome in Fiat resterà legato a tre grandi operazioni: l’ingresso nel capitale di Lafico (1976), finanziaria del governo libico allora guidato dal dittatore Muammar Gheddafi, e alla marcia dei 40mila. Il 14 ottobre 1980 c’è lui infatti dietro il corteo che invade Torino e che vede per la prima volta i “quadri” dell’azienda, uniti nel protestare contro i picchetti dei sindacati che impediscono l’accesso alle fabbriche e quindi di poter lavorare. Il braccio di ferro riguarda infatti la decisione della Fiat di mettere in cassa integrazione 23 mila dipendenti, con la marcia che segnerà una svolta storica nelle relazioni sindacali.

Infine nel 1988 la Fiat compre dall’Iri, all’epoca guidata da Romano Prodi, l’Alfa Romeo. Nel 1990 Romiti cercherà di compiere una operazioni simile anche con l’americana Chrysler, la più piccola delle “Big Three” di Detroit, ma l’affare sfuma per i dubbi degli azionisti.

Dal 1996 al 1998 Romiti assumerà la carica di presidente di Fiat, mentre dopo la sua uscita dal gruppo automobilistico passerà in RCS, di cui sarà presidente fino al 2004. L’anno seguente assume per un anno l’incarico di presidente di Impregilo, principale gruppo italiano nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria, mentre dal 2006 al 2013 è stato presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma.

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