C’è chi “fugge” perché troppo avanti con gli anni e chi, invece, preferisce far posto alla società civile che avanza. E poi c’è chi vorrebbe ma non può, magari perché già impegnato in altre assemblee elettive. Fatto sta che i dirigenti locali dei partiti (per non parlare di quelli nazionali) non sembrano avere alcuna intenzione di candidarsi a occupare un posto nel prossimo Consiglio comunale di Napoli. L’ennesimo sintomo della crisi delle forze politiche, ormai prive di identità e ridotte a meri comitati elettorali? Sì, secondo Paolo Cirino Pomicino che ha lanciato la provocazione nel corso di un’intervista al Riformista: «La politica si è sfarinata. Possibile che nessun partito, a cominciare dal Pd, abbia il coraggio di candidare un proprio dirigente?»

Per rispondere alla provocazione dell’ex ministro del Bilancio, Paolo Mancuso rispolvera I promessi sposi: «Non si può cantare e portare la croce». «Il mio nome non figurerà nella lista del partito – precisa il presidente napoletano del Pd – perché la mia età mi consente di svolgere il ruolo di garanzia e di cooperazione che mi è stato affidato, ma non di impegnarmi in maniera più diretta». Discorso simile per Marco Sarracino, segretario metropolitano del Pd, che dalla sua parte ha l’anagrafe, essendo un classe 1989, ma non la possibilità di candidarsi al Consiglio comunale: «A lui spetta il compito di ricostruire un partito che per anni è stato privo di direzione e struttura politica – precisa Mancuso – e anche questo ruolo non può essere interpretato contemporaneamente a quello di consigliere comunale». Ecco perché il Pd dovrebbe inserire nella sua lista a sostegno del candidato sindaco Gaetano Manfredi solo un paio di membri della segreteria napoletana: «Per il resto – conclude Mancuso – si tratterà di semplici iscritti o di esponenti della società civile con la quale il nostro partito aveva perso contatto».

E nel centrodestra che succederà? Da escludere la candidatura al Consiglio comunale per l’eurodeputato Fulvio Martusciello e il senatore Domenico De Siano, rispettivamente coordinatore cittadino e regionale dei berlusconiani. Fratelli d’Italia non avrà come capolista la leader nazionale Giorgia Meloni: l’ipotesi si era fatta strada quando il partito, indispettito dai tentennamenti di Catello Maresca, pensava di correre da solo al primo turno; poi, raggiunto l’accordo col pm, è tramontata. Quanto alla Lega, alcuni parlamentari sono pronti a candidarsi al Consiglio comunale a Roma, ma non a Napoli. «Nella lista Prima Napoli ci saranno alcuni componenti del coordinamento cittadino, oltre gli iscritti ed esponenti della società civile – annuncia il consigliere regionale Severino NappiSe dovesse presentarsi la necessità, tuttavia, non esiteranno a scendere in campo anche i dirigenti del partito». Per Nappi «la provocazione di Pomicino è condivisibile perché la candidatura alle amministrative presuppone un contatto col territorio, una capacità di ricerca del consenso e quindi una propensione al sacrificio che molti non hanno, preferendo essere “paracadutati” dall’alto».

Insomma, i tempi in cui nella Sala dei Baroni si sfidavano leader nazionali come Giorgio Almirante e Marco Pannella sono lontani. Che cos’è cambiato da una trentina di anni a questa parte? «I partiti sono stati protagonisti di una crisi profonda che ha desertificato il quadro politico – spiega Gennaro Carillo, docente di Storia delle dottrine politiche all’università Federico II – Il nodo è la democrazia interna ai partiti: quando questa manca e prevale solo ed esclusivamente la logica della fedeltà al capo, la mobilità del personale si azzera. Tanto è verso che sia il centrodestra con Maresca sia il centrosinistra con Manfredi hanno scelto come candidato sindaco un papa straniero, cioè un soggetto senza il classico cursus honorum partitico». I napoletani, dunque, devono rassegnarsi a non vedere più un Almirante o un Pannella in Consiglio comunale? «Personalità di quel livello non esistono nemmeno nella dimensione nazionale – conclude Carillo – E il dramma è proprio quello di una politica incapace di interpretare la realtà, da una parte, e, dall’altra, quello di un Consiglio comunale sempre più marginale. Il prossimo sindaco dovrà vincere anche questa sfida: coinvolgere figure finora ai margini del quadro politico e ridare all’assemblea la centralità che merita».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.