Esteri
Netanyahu e il grande errore di Israele: il voto contro l’Ucraina e l’inchino alla realpolitk di Trump (e Putin) sono un boomerang
Quel voto all’assemblea delle Nazioni Unite, a fianco delle peggiori dittature del pianeta, contro la risoluzione che condannava l’invasione russa, è stato un grande errore di Israele

Per la prima volta nella storia, all’assemblea generale dell’Onu, Israele ha votato a fianco delle peggiori dittature del pianeta, Corea del Nord, Bielorussia, Nicaragua e ovviamente Russia, contro una risoluzione presentata dall’Unione europea che condannava l’invasione russa e chiedeva il ritiro delle sue truppe in Ucraina, garantendo l’integrità territoriale del paese invaso.
Altri Paesi – come la Cina popolare e gli Stati arabi – si sono astenuti: un possibile atto di “neutralità” che Israele non ha preso neppure in considerazione, allo scopo di non perdere l’occasione per allinearsi alla giravolta della nuova Amministrazione statunitense a proposito della guerra in Ucraina. Del resto che Netanyahu nelle elezioni del 5 novembre “tifasse” per il tycoon-belli capelli era ampiamente noto: un tifo ricompensato da Trump con l’invito del premier israeliano come primo ospite alla Casa Bianca subito dopo l’insediamento. E in quella sede Bibi Netanyahu si era persino spinto a prendere per buona la proposta trumpiana su Gaza Beach, con la stessa ipocrisia che induce i cortigiani a sorridere quando il potente di turno racconta una barzelletta risaputa.
La realpolitik boomerang
Chi scrive ha sostenuto la causa dello stato ebraico in tutte le guerre che ha dovuto sostenere compresa la reazione all’aggressione del 7 ottobre; si è vergognato della deriva antisemita che si è diffusa nel mondo occidentale e dei movimenti pro-Pal. Eppure, in queste ore, mi sono ricordato di una domanda che Ugo Intini rivolse a un grande statista come Simon Peres (ripresa nel saggio Testimoni di un secolo del 2022): «Poiché gli anni e le generazioni passano, sei sicuro che il senso di colpa per la Shoah possa consentire in eterno agli israeliani di fare ciò che agli altri non è consentito?». Un popolo che porta sulle spalle la croce della Shoah, che basa il suo diritto di esistere su secoli di persecuzioni fino all’Olocausto, che vede legittimata dalle esigenze di difesa la sovranità su di un lembo di territorio in mezzo a popoli nemici, non può permettersi concessioni alla realpolitik che ne snaturino i valori fondamentali. La realpolitik, poi, è un’arma a doppio taglio: l’dea che per salvaguardare la pace si possa abbandonare a sé stessa l’Ucraina, domani potrebbe essere invocata per Israele con il medesimo cinismo.
Perché è sbagliato fidarsi di Trump
Ecco perché il voto è stato un errore e lo è stato per diversi motivi. In primo luogo è sbagliato fidarsi di Donald Trump e blandirlo nella convinzione che in caso di necessità la potenza dell’America sarà sempre al fianco di Israele. L’Amministrazione Biden come non esitava a suggerire moderazione al premier israeliano, così non si sottrasse mai a far circolare una flotta nel Mar Rosso (per dissuadere gli Ayatollah a dare seguito alle loro minacce contro l’entità sionista) da cui si levarono stormi di aerei quando nell’aprile del 2024 dall’Iran partì un massiccio bombardamento su Israele. Per ora Trump si è limitato a promettere fuoco e fiamme se Hamas non consegna tutti gli ostaggi, ma la gestione degli scambi resta affidata al governo di Gerusalemme costretto a sostenere dei costi altissimi nel rilascio di centinaia di terroristi e militanti avversari in cambio di cadaveri di concittadini.
I (non) trenta denari di Bibi
In sostanza, Bibi non ha incassato neppure i trenta denari di Giuda Iscariota. Ma l’errore più grave è un altro: quello di prestarsi ad una ricostruzione delle responsabilità non solo fallace ma che può danneggiare la stessa causa d’Israele. Lo Stato ebraico ha lottato contro i mulini a vento dal 7 ottobre per farsi riconoscere la condizione dell’aggredito, quando veniva accusato di essere l’effettivo aggressore neocolonialista dell’inerme popolo palestinese, il quale si limitava a praticare legittime azioni di resistenza. Il delirio pro-Pal ha attraversato le frontiere, corrotto ampi settori di opinione pubblica, a partire dalle università dominate da minoranze faziose e rette da autorità accademiche imbelli.
Un paese che ha subito la falsificazione della storia per secoli, non può prestarsi a convalidare un’operazione analoga ai danni dell’Ucraina, intruppandosi con i suoi nemici di ieri soltanto perché nell’ambito delle cosche malavitose della geopolitica sono cambiati i giri di valzer delle alleanze. Già l’8 ottobre del 2023 Zelensky aveva difeso fortemente Israele dopo l’offensiva militare di Hamas, affermando che Israele ha il diritto indiscutibile di difendersi dagli attacchi dei terroristi palestinesi. “Il terrorismo è sempre un crimine, non solo contro un Paese o contro vittime specifiche, ma contro l’umanità nel suo insieme. Il mondo deve restare unito… affinché il terrorismo non tenti di togliere o distruggere la vita ovunque e in nessun momento”.
© Riproduzione riservata