Esteri
Netanyahu pronto a colpire siti nucleari iraniani entro fine 2025: Teheran sull’orlo dell’implosione
L’unica possibilità di salvezza per Khamenei è accettare il nuovo programma per la rinuncia al nucleare che Washington sottoporrà alla Repubblica islamica

Secondo quanto riportato mercoledì 12 febbraio dal Wall Street Journal, esisterebbe un dettagliato rapporto dell’intelligence americana stilato nei primi giorni della presidenza Trump, sul piano di Israele di un imminente attacco preventivo agli impianti nucleari di Fordow e Natanz della Repubblica islamica iraniana da rendere operativo nei primi sei mesi del 2025. Ciò riaccende la possibilità di un conflitto regionale su vasta scala.
Il WSJ aveva già pubblicato un rapporto simile durante la presidenza Biden. La pianificazione dell’attacco ai siti nucleari israeliani sarebbe stata approntata dopo i bombardamenti delle forze aeree di Tel Aviv di fine ottobre, che avevano notevolmente indebolito le difese aeree dell’Iran ed esposto Teheran a ulteriori attacchi. Brian Hughes, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha dichiarato al Washington Post: “Il presidente Usa ha chiarito in maniera inequivocabile che non permetterà all’Iran in alcun modo di ottenere un’arma nucleare, sebbene Trump preferisca risolvere la questione con il governo iraniano attraverso i negoziati, ma se Teheran non sarà disposta a negoziare, presto sarà bombardata a più non posso”.
Il Washington Post precisa nel suo articolo che il governo israeliano, la Central Intelligence Agency (CIA) degli Stati Uniti, la Defense Intelligence Agency e l’Office of the Director of National Intelligence si sono rifiutate di commentare la notizia. Dunque, l’unica possibilità di salvezza per Khamenei e per la Repubblica islamica è accettare un nuovo programma per la rinuncia al nucleare che Washington sottoporrà a Teheran. La pubblicazione della notizia dell’esistenza di un piano delle Forze di difesa israeliane di un attacco ai siti di stoccaggio del nucleare suona come un chiaro messaggio di avvertimento alle autorità iraniane: se non vi sedete al tavolo con gli Usa per porre fine alle attività di arricchimento dell’Uranio, alla costruzione di reattori nucleari ad acqua pesante e alla chiusura di tutti gli impianti di ricerca per la costruzione di armi atomiche, sappiate che è già pronto un piano per distruggere tutto questo.
Trump sembra determinato a disinnescare definitivamente la minaccia iraniana in Medio Oriente. Il rapporto dell’intelligence statunitense prende in considerazione due scenari per un possibile attacco israeliano all’Iran e, in entrambi gli scenari, il supporto degli Stati Uniti sotto forma di rifornimento aereo e fornitura di servizi di intelligence, di sorveglianza e di ricognizione, è considerato essenziale. Nel primo scenario, definito ‘attacco a distanza’, gli aerei israeliani lancerebbero missili balistici dall’esterno dello spazio aereo iraniano verso gli impianti nucleari. In un altro scenario più rischioso, le forze aeree israeliane entrerebbero nello spazio aereo iraniano e sorvolerebbero gli impianti nucleari, sganciando bombe BLU-109, del tipo anti-rifugio. La scorsa settimana, l’amministrazione Trump aveva già approvato la vendita di kit di guida per queste bombe e ne aveva informato il Congresso.
Vi è da dire che il team per la sicurezza nazionale nominato da Trump ha visioni ideologiche diverse. Da un lato include estremisti come il Consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz e il segretario di Stato Marco Rubio e, dall’altro, persone come il Vice Presidente J.D. Vance e il direttore dell’Intelligence nazionale Tulsi Gabbard, che spingono per limitare le operazioni militari contro l’Iran. Infine, accanto a questi due gruppi, ve n’è un altro noto col nome dei “prioritari”; come Elbridge Colby che vuole che le risorse militari statunitensi siano concentrate solo nell’Asia orientale per contrastare la Cina.
A fine gennaio, Michael Waltz aveva sollevato la possibilità di un attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani con il supporto degli Stati Uniti, dichiarando alla CBS News: “Ora che il governo iraniano è in una situazione di debolezza e che i suoi sistemi di difesa aerea sono stati distrutti, è il momento di prendere decisioni chiave e lo faremo il mese prossimo”. Trump ha espresso con chiarezza e in termini perentori la sua posizione a Fox News: “Tutti pensano che Israele arriverà con il nostro aiuto o la nostra approvazione e bombarderà duramente l’Iran, ma preferirei che ciò non accadesse. Ci sono due modi perché ciò non accada: o con una bomba o con un pezzo di carta. Vorrei raggiungere un accordo con loro evitando di bombardarli a più non posso”.
Le dichiarazioni di Trump, sono un chiaro messaggio della politica di “massima pressione” che Washington intende praticare nei confronti della Repubblica islamica per ridurre a zero le esportazioni di petrolio dell’Iran, che è già in ginocchio per una devastante crisi energetica, e raggiungere un accordo. Ciò ha scatenato un’ondata di rabbia tra i leader del regime a Teheran. Saeed Iravani, ambasciatore della Repubblica islamica presso le Nazioni Unite, ha affermato: “Queste dichiarazioni sconsiderate e provocatorie violano chiaramente il diritto internazionale”.
Intanto l’Iran è per buona parte bloccato, paralizzato dalla sospensione dell’erogazione dell’energia elettrica e del gas in diversi centri del paese. Si estendono le proteste pubbliche che proseguono da settimane contro le continue interruzioni di gas ed elettricità e le chiusure in corso nel Paese disposte dai governatorati delle province iraniane. I centri amministrativi, gli istituti scolastici, le università e le banche di 24 province rimarranno chiusi per almeno tre giorni. A Teheran sono state chiuse, oltre alle scuole e agli uffici, anche tutte le unità amministrative e giudiziarie della magistratura, la borsa valori ed altre istituzioni. Mancano i farmaci vitali e gli ospedali operano in condizioni di estrema difficoltà.
La Repubblica islamica sta morendo, l’Iran è sull’orlo dell’esplosione: il potere teme la saldatura delle diffuse proteste dei lavoratori, dei commercianti e dei pensionati con il movimento dei giovani “Donna, Vita, Libertà” che lottano per la liberazione del paese dal regime dei mullah. Con un tasso di cambio del dollaro che ha raggiunto i 94mila Toman, anche il mercato alimentare è in gravissima crisi. I prezzi del riso, delle patate e delle cipolle sono aumentati in modo incontrollato.
In questa situazione, il regime sembra aver perso il controllo dell’economia e non sembra in grado di gestire la crisi in corso. I cittadini si trovano ad affrontare ogni giorno pressioni economiche sempre crescenti, senza alcuna prospettiva di miglioramento. La società iraniana è in uno stato di pre-rivolta e il malcontento pubblico si sta diffondendo a macchia d’olio.
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