Editoriali
Nicosia, la scusa per chiudere le carceri
Associazione mafiosa: è la pesante accusa con cui ieri la procura di Palermo ha disposto il fermo di Antonello Nicosia, assistente parlamentare di 48 anni originario di Sciacca. Secondo i pm, Nicosia avrebbe approfittato della collaborazione con la deputata Giuseppina Occhionero (estranea alle indagini) per entrare nelle carceri e incontrare i capimafia anche in regime di 41 bis per poi veicolare i loro messaggi all’esterno. Passepartout è infatti il nome del blitz, eseguito dai militari della Guardia di Finanza e dai carabinieri del Ros, che ha portato all’arresto di altre quattro persone. Tra queste il 61 enne Accursio Dimino, boss di Sciacca ritenuto legato alla famiglia di Matteo Messina Denaro. Ed è proprio al superlatitante di Castelvetrano che Nicosia, intercettato, si riferisce chiamandolo «il primo ministro».
E poi, sempre senza sapere di essere ascoltato, definisce i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino «vittime di un incidente sul lavoro». Parole che hanno suscitato l’indignazione trasversale del mondo politico. L’indagine, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, descrive Antonello Nicosia come un uomo dalla “doppia vita”. Pubblicamente è impegnato a favore della legalità e dei diritti dei detenuti. Dopo essersi lasciato alle spalle una condanna a 10 anni per traffico di droga, si dedica molto al tema delle carceri, è direttore dell’Osservatorio Internazionale dei diritti umani. Nel 2017 viene eletto nel comitato nazionale di Radicali Italiani, poi la collaborazione con la parlamentare Occhionero, ex LeU oggi in Italia Viva, per entrare più agevolmente negli istituti di pena: «Se ci vado come Radicale devo chiedere l’autorizzazione al Dap, con un deputato invece ci vado all’improvviso», spiega Nicosia in una intercettazione, «ho trovato questo escamotage». Nel provvedimento di fermo, infatti, i pm della Dda di Palermo scrivono che «Sia gli incarichi assunti a diverso titolo in più associazioni volontaristiche, sia l’elezione nel movimento dei Radicali Italiani, sia ancora i rapporti stretti con Giuseppina Occhionero sono stati tutti da lui strumentalizzati per accreditarsi presso diverse strutture penitenziarie e per fare visita a mafiosi detenuti, a scopi estranei a quelli, proclamati, della tutela dei loro diritti».
Antonello Nicosia «non ricopre attualmente alcuna carica in Radicali Italiani», precisano i dirigenti, ribadendo però che «la presunzione di innocenza vale per tutti e i processi si celebrano nei tribunali, non sui media. Se i contorni della vicenda fossero confermati ci troveremmo di fronte non soltanto alla strumentalizzazione di un istituto preziosissimo come le visite ispettive nelle carceri, ma anche a un danno enorme nei confronti di noi radicali, che lottiamo da decenni per garantire lo stato di diritto e la giustizia». C’è intanto chi coglie l’occasione dell’inchiesta di Palermo per riaprire la discussione sul “carcere duro” e sull’ergastolo ostativo: secondo il presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra del M5s il 41bis, «non è assolutamente un regime carcerario duro inteso come ‘disumano’.
Il regime prevede isolamento nel senso di impossibilità di comunicazione all’interno e all’esterno dell’istituto di pena. Se a infrangere questa regola interviene un assistente parlamentare che accompagna il parlamentare in una visita ispettiva la situazione è molto, molto grave ed impone un ripensamento complessivo non solo sulle proposte avanzate da più e tempo e da più parti di modificare il regime 41bis ma anche di intervenire sul 4bis». Insomma, il caso Nicosia potrebbe diventare una scusa per una ulteriore stretta?
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