«Il presidente della Regione non ha il potere di adottare provvedimenti in materia di frequenza scolastica, men che meno in maniera autonoma e anticipata rispetto alla definizione del quadro nazionale». Francesco Marone, professore di Diritto costituzionale all’università Suor Orsola Benincasa, boccia l’ultima uscita del governatore Vincenzo De Luca che ha annunciato l’avvio di una campagna di vaccinazione di massa degli studenti, in mancanza della quale le scuole, a settembre, non riapriranno.

Ma De Luca ha il potere di adottare un simile provvedimento? A quanto pare no. «Il contrasto alla pandemia rientra nella materia “profilassi internazionale”, come ha chiarito la Corte Costituzionale con la sentenza 37 del 2021, quindi è di competenza esclusiva dello Stato – spiega Marone – Le norme dei vari decreti legge che si sono succeduti hanno attribuito alle Regioni solo un potere temporaneo, da esercitare qualora la situazione peggiori nell’intervallo tra due provvedimenti nazionali e comunque riservando la disciplina della frequenza scolastica al livello nazionale». I vaccini sono un altro tema cruciale dei “monologhi” di De Luca, che da tempo sostiene la necessità di rendere obbligatoria la somministrazione dei farmaci anti-Covid.

«Ma i trattamenti sanitari obbligatori sono vietati dall’articolo 32 della Costituzione, salvi i casi previsti dalla legge, che in questa circostanza non potrebbe che essere una legge dello Stato – prosegue Marone – Innanzitutto perché si tratta di una pandemia mondiale il cui contrasto rientra nella “profilassi internazionale” riservata allo Stato. E poi perché, essendo l’emergenza senza dubbio nazionale, la disparità di trattamento che deriverebbe da una regolamentazione regionale dell’obbligo vaccinale sarebbe del tutto irragionevole». Se la vaccinazione, quindi, non può essere resa obbligatoria, appare illogico e illegittimo voler imporre la didattica a distanza agli studenti che decideranno di non vaccinarsi.

Non solo le dichiarazioni di De Luca si scontrano con ciò che ha stabilito la Corte Costituzionale, dunque, ma creano problemi e imbarazzi anche sotto altri aspetti. La Campania, per esempio, è la regione col più alto livello di abbandono scolastico. Secondo i dati Istat elaborati da Openpolis, nel 2017 addirittura il 19% degli iscritti ha rinunciato agli studi. Si tratta del terzo dato più alto in Italia dopo quelli fatti segnare da Sardegna e Sicilia. Il quadro diventa ancora più a tinte fosche se si pensa che la media nazionale è scesa dal 19 al 14% e che, nell’area metropolitana di Napoli, il 22% dei giovani tra 18 e 24 anni è in possesso della sola licenza media. Il Covid e la chiusura a oltranza delle scuole, dunque, hanno peggiorato una situazione già abbondantemente incancrenita nel corso degli anni.

I provvedimenti ipotizzati da De Luca rischiano di penalizzare gli studenti e di sacrificare ulteriormente il loro diritto allo studio ma, secondo Marone, la strategia del presidente della Campania ha radici più profonde che riguardano in generale il rapporto tra lo Stato e le Regioni: il Governo, all’inizio dell’emergenza, ha lasciato troppo spazio alle Regioni, governate da quelle che all’epoca erano forze politiche di opposizione, probabilmente per condividere le scelte impopolari  e la pesantissima responsabilità della gestione del “ciclone” senza precedenti che stava investendo l’Italia. «Comunque sia – conclude il costituzionalista Marone – si è lasciato che “i buoi uscissero dalla stalla” e, come sempre, farli rientrare è tutt’altro che semplice, a maggior ragione nell’incertezza legata alle decisioni dei giudici amministrativi che in troppe circostanze hanno anch’essi dimenticato che la pandemia non sospende il principio di legalità».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.