«Luc Montagnier non ha mai detto che chi si è vaccinato morirà entro due anni». Questa agenzia è circolata per rassicurare tutti coloro che, avendo ricevuto la dose di vaccino e riponendo fiducia in un premio Nobel per la Medicina (nel 2008), avevano cominciato a predisporre le pratiche testamentarie. Una sparata del genere sarebbe stata davvero grossa perfino per lui, ma altre sue affermazioni, meno apocalittiche, e tuttavia stupefacenti, non sono mai state smentite, ritrattate o almeno rettificate.

Tra queste, che le onde elettromagnetiche usate nella tecnologia 5G abbiano favorito la diffusione del virus o l’avallo alla mitologica teoria della “memoria dell’acqua”, cioè la presunta trasformazione permanente -a seguito di opportuni trattamenti- del modo in cui le molecole dell’acqua si disporrebbero le une intorno alle altre: secondo questa folcloristica idea, una volta educate a danzare in un certo modo, le molecole continuerebbero la coreografia che è stata loro insegnata, anche in assenza della musica o del maestro di ballo. Uno sproposito termodinamico che confligge con i fondamenti della fisica, ma periodicamente riaffermato dagli omeopati e perfino da un premio Nobel. Il problema è sempre lo stesso: se Usain Bolt ha corso i cento metri in nove secondi e cinquantotto centesimi, ciò non significa affatto che correrà ogni volta nello stesso tempo o che, siccome è un grande corridore, se gli fate correre la maratona vincerà anche quella. E neanche i diecimila metri o gli ottocento. Se poi gli chiedete di lanciare il disco, che è pur sempre una gara di atletica leggera, sicuramente non stabilirà un primato anche in questa specialità. Al contrario, è più probabile che, invece che fare il primato… si farà cadere il disco su un piede!

Oppositori delle procedure sanitarie ortodosse e no vax sguazzano nella palude delle esternazioni arbitrarie di scienziati presumibilmente autorevoli. Purtroppo, però, anche i premi Nobel sono esseri umani, proni alle umane debolezze, quando non addirittura affetti dalla sindrome del Profeta divinamente ispirato e quindi esente dalla necessità di basare le proprie asserzioni su prove scientifiche. Se la confusione sul tema dei vaccini è stata deleteria fin dal principio, adesso che lo spettro della variante Delta si aggira per l’Europa, è ancora più funesta. Sarà inutile la vaccinazione che stiamo facendo? La vaccinazione di massa sta realmente producendo la comparsa di nuove varianti più resistenti, come sostiene Montagnier, che invoca l’immediata sospensione della campagna vaccinale? Cerchiamo di non commettere lo stesso errore e di evitare l’argomento ad hominem, secondo il quale sarebbe sicuramente falso ciò che è affermato da una persona che si è dimostrata inaffidabile in altre circostanze.

L’evidenza scientifica deve essere il solo strumento di discriminazione tra una tesi infondata e una legge di natura, sebbene empirica. Infatti, a differenza della matematica, in medicina e biologia non esistono teoremi e soltanto lo studio statistico degli effetti sulla popolazione può confermare o refutare i modelli proposti per descrivere l’azione dei farmaci sull’organismo. In termini semplici, il vaccino cosa fa? Ne parlai diffusamente in un articolo precedente, che potete trovare nell’archivio del Riformista.

In breve, i vaccini attualmente somministrati, -tanto quelli a Rna messaggero (Pfizer e Moderna), quanto quelli a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson)- hanno il compito di stimolare la produzione da parte delle cellule di un “pezzo di virus”. Ma non un pezzo qualunque, un pezzo significativo, che svolge una funzione determinante nel processo di infezione delle cellule da parte del virus. Se non volete che una chiave apra una serratura dovrete, ad esempio, mettere della colla Attak tra i dentini. La colla modifica il profilo della chiave e la serratura non la riconosce più… Inutile aggredire il portachiavi! Bisogna fare un intervento mirato ai dentini. In modo analogo, gli anticorpi modificano la natura chimica delle spine presenti sulla superficie del virus (le “spike”), che fungono da chiavi contraffatte per indurre la cellula ad aprirsi e ad accogliere il virus al proprio interno.

Il compito dei vaccini è di sollecitare in vario modo alcune cellule del nostro corpo a generare un determinato frammento delle spine. Innumerevoli copie di tale frammento saranno allora rilasciate nell’organismo e stimoleranno, a loro volta, il sistema immunitario a secernere anticorpi. Gli anticorpi così prodotti saranno specifici per inibire proprio quel frammento di spina del Coronavirus. Ma di quale Coronavirus? Del Coronavirus originario, il Covid-19, quello per contrastare il quale è stato sintetizzato il vaccino. Le varianti, per definizione, sono copie imperfette del virus originale, ovvero del loro capostipite. E se quel frammento di proteina nella copia imperfetta sarà un po’ diverso? In tal caso gli anticorpi potrebbero non riconoscerla. Ancora una volta dobbiamo intenderci: la biologia e la medicina non sono la matematica. Se fate la somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti di un triangolo rettangolo, otterrete esattamente l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa.

Pitagora ha stabilito una volta per tutte che è così. E questa uguaglianza vale per tutti i triangoli rettangoli che sono stati disegnati prima della nascita di Pitagora, per tutti quelli disegnati dopo di lui e per quelli che saranno disegnati in futuro, fino alla fine del mondo. L’azione degli anticorpi invece non ha la perfezione di una formula matematica. Un anticorpo prodotto per inibire un pezzo della spina del Coronavirus, non è mica detto che ci riesca sempre e comunque. È come un predatore, che prima deve riuscire a individuare la preda e poi a catturarla. A volte ci riesce, a volte no. L’azione dell’anticorpo sul frammento di spina è un processo statistico, probabilistico.

L’anticorpo è una macchina efficiente, ma non sempre funziona. È anche per questo che, sebbene in rari casi, un vaccinato si può ammalare. Però è vero anche il contrario: L’anticorpo della spike del Covid-19, è solitamente efficace anche verso le sue varianti. Infatti le varianti avranno spike con una struttura chimica un po’ diversa da quelle del Covid-19, ma non radicalmente diversa. Dunque l’anticorpo farà forse più fatica ad identificarla e ad avvolgerla, ma comunque avrà buone probabilità di individuarla e disattivarla. Le varianti che tendono a prevalere sono quelle che si sottraggono meglio agli anticorpi prodotti dalla vaccinazione (perché hanno spine meno simili a quelle del Covid-19), e che riescono a diffondersi meglio nella popolazione.

Finora sembra che la variante Delta, ovvero quella indiana, sia la più elusiva e più contagiosa, e quindi un po’ alla volta tende a soppiantare il virus originario. Nonostante questo, le prove condotte finora dimostrano che chi ha la doppia copertura vaccinale risponde bene anche all’infezione della variante Delta. Per questo motivo il fattore di contagio, alto nel caso di una popolazione non vaccinata, si mantiene basso dopo il richiamo. E un fattore di contagio basso comporta la rapida estinzione di eventuali focolai. La priorità resta perciò di concludere la campagna vaccinale quanto prima, per non offrire altro alimento al virus, che si “nutre” di noi stessi, essendo un parassita interno.

Resta aperta un’ultima questione: ma siamo proprio sicuri che la vaccinazione generalizzata sia opportuna, cioè che i benefici siano superiori agli eventuali danni? La domanda è legittima, ma l’evidenza sperimentale dimostra che la copertura del vaccino garantisce più vantaggi che inconvenienti nel contenimento dell’epidemia. Infatti se, da una parte, gli anticorpi esercitano una “pressione selettiva” sulle varianti, eliminando quelle meno attrezzate a opporsi al sistema immunitario dei soggetti vaccinati (e lasciando così campo libero alle più resistenti), d’altra parte l’effetto di gran lunga prevalente è di fare “terra bruciata” intorno al Coronavirus, comprese le varianti tenaci. Nella scienza conta la prova, non l’autorevolezza. Anche Einstein a volte si è sbagliato, ma quando ha esaminato i dati che lo contraddicevano ha detto: mi dispiace, hanno ragione i numeri e ho torto io.